REVIEW PARTY, Romanzo storico

“Il ponte dei delitti di Venezia” di Matteo Strukul – Review Party

Venezia. Un funzionario della Serenissima viene ritrovato brutalmente assassinato sul Ponte delle Guglie; due strane ferite sul collo sono il primo macabro dettaglio che salta all’occhio. Il secondo dettaglio che non passa inosservato è il pugnale conficcato nel petto della vittima. Tiene fermo un foglio. Sulla carta, solo un nome: Canaletto. Il più grande pittore di Venezia, Giovanni Antonio Canal, viene trascinato nel mistero direttamente dall’assassino e la mente di tutti vola ai delitti di quattro anni prima. Riuscirà Canaletto, aiutato dagli amici Joseph Smith e Owen McSwiney, a scoprire chi si cela dietro alla mano insanguinata e a salvare Venezia?

Inizia così il nuovo romanzo di Matteo Strukul, “Il ponte dei delitti di Venezia”, edito da Newton Compton Editori. Questo nuovo lavoro, che vede ancora protagonista il celebre Canaletto nei panni di investigatore per la Serenissima, è il seguito de “Il cimitero di Venezia”, pertanto il consiglio è di leggerli in successione.

Nell’umidità soffocante della laguna estiva, in una Venezia al tramonto della sua potenza, sulla Riva degli Schiavoni, a due passi da Piazza San Marco, Canaletto torna, così, nei panni di un improvvisato investigatore, assolutamente credibile e fallibile, anche se ora un po’ più esperto rispetto al primo capitolo della saga e, tra opere d’arte, edifici storici, postriboli, scuole e locande, prende vita una frenetica caccia all’uomo. Miscelando medicina e leggenda, Matteo Strukul ha dato vita a un intreccio oltremodo intrigante, che tiene con il fiato sospeso fino all’ultima parola. Una vicenda nera che, tra suspense, mistero e un pizzico di paura, conduce il lettore fin nell’abisso del male, rievocando una delle sue incarnazioni più iconiche, senza mai dimenticare quali sono, però, i veri motivi che spingono le azioni degli uomini. Lo stile fluido rende la narrazione piacevolmente scorrevole, mentre il ritmo incalzante crea un’ottima dose di suspense che tiene incollati alle pagine.

Ma quest’opera non è solo un thriller storico avvincente. È anche un interessante viaggio alla scoperta delle radici e della cultura della Dalmazia (una regione dei Balcani che rimase appartenente a Venezia fino alla caduta della Repubblica), anche attraverso le grandi guerre di Candia e Morea.

Il ponte dei delitti di Venezia” è il libro perfetto per chi cerca il giusto equilibrio tra suspense, Storia e mistero. Una lettura da cinque stelle!

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REVIEW PARTY, Romanzo storico

“Tre insoliti delitti” di Matteo Strukul – Review party

“Stanotte sarò io a uccidere il diavolo. Oppure sarà lui a strapparmi l’anima.”

Bari, metà dicembre 1199. Il cavaliere templare Kaspar Trevi arriva a Bari. Il reggente del Regno di Sicilia, Marcovaldo di Annweiler, lo fa convocare per affidargli un’importante missione. Insieme al vescovo di Troia, Gualtiero di Palearia, chiede al monaco guerriero di trovare una donna e consegnarla alla giustizia. Filomena Monforte, fervida sostenitrice di Costanza d’Altavilla, la precedente reggente, è accusata di stregoneria e dell’omicidio del nobile Giuseppe Filangeri. Kaspar non può rifiutare l’incarico, così parte per una lunga e sanguinosa ricerca che lo porterà ad attraversare Bari, Roma e Venezia. Riuscirà nell’impresa?

Questa è la trama del nuovo romanzo di Matteo Stukul, “Tre insoliti delitti”, edito da Newton Compton Editori, un thriller storico cupo che ci porta nei meandri del Medioevo.

Siamo alle fine del XII secolo e il regno di Sicilia è guidato da Marcovaldo di Annweiler. La vedova di Enrico IV di Svevia, Costanza d’Altavilla, è morta da un anno e il nuovo re, Federico II di Hohenstaufen, è solo un bambino. Marcovaldo ne è il reggente, il curatore degli interessi del re infante. Eppure, si comporta come se fosse il legittimo sovrano. E proprio per questo, insieme a Gualtiero di Palearia, vescovo di Troia e Gran Cancelliere del Regno di Sicilia, suo braccio destro, vuole assicurarsi che la legge venga rispettata. In questo contesto storico, l’autore fa partire l’avventura del protagonista, un personaggio di fantasia dalle splendide tinte gotiche.

Mescolando, così, con maestria personaggi realmente esistiti e personaggi inventati, in un contesto preciso e fedele, l’autore ci porta dentro a un’avventura avvincente. Una lotta contro il tempo, intrisa di sangue e mistero, in cui un ruolo primario è dato alla figura di San Nicola, e che racconta il Natale in chiave medievale. Una storia in cui Strukul non manca di sottolineare la condizione della donna nel Medioevo, l’alone di sospetto che le circondava, la debolezza della loro posizione, facilmente attaccabile con qualsiasi pretesto. Un romanzo che intreccia il genere cavalleresco, la religione, la mitologia e la demonologia; in cui la fantasia si fonde in modo perfetto con la Storia, con un protagonista forte e impavido, giusto e leale, che incarna l’archetipo dell’eroe. Pregevole è, poi, il modo in cui l’autore ricrea le atmosfere delle città. In particolare, l’affresco della Roma medievale di papa Innocenzo III è stupefacente.

Tre insoliti delitti” è una cupa novella in cui ritroviamo tutti gli elementi del mondo medievale. Cavalieri, streghe, castelli, duelli, delitti e intrighi prendono vita in un’atmosfera lugubre che si fonde con quella del Natale. Una lettura perfetta per tutti gli amanti del Medioevo e dell’avventura. Un romanzo in cui ritroverete il Natale come nessuno lo ha mai raccontato.

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“Paolo e Francesca” di Matteo Strukul

“Perché Francesca, ne era certo, rappresentava per lui un pericolo. E con la sua avvenenza, l’avrebbe portato all’Inferno.”

Ravenna, seconda metà del Duecento. Il guelfo Guido da Polenta, finalmente, riesce a sconfiggere i suoi acerrimi rivali, i Traversari e, con un colpo di mano, conquista Ravenna, divenendone podestà. Determinante nella vittoria, è l’aiuto della cavalleria di Giovanni Malatesta, figlio di Malatesta da Verucchio, signore di Rimini. E Giovanni, il suo ruolo in quella vittoria, vuole farlo valere. Non vuole terre né denari. Solo una cosa ha in mente: la bella figlia del da Polenta, la giovane Francesca. Come può Guido rifiutare un tale partito per la sua terzogenita? Ben disposta ad assecondare il volere di quel padre al quale è così tanto legata, Francesca sposa Giovanni per procura. Al suo posto, alla celebrazione presenzia il bellissimo fratello dello sposo, Paolo Malatesta.

Ha inizio così la vicenda di uno dei più celebri amori della Storia, la cui memoria è arrivata fino a noi grazie a Dante Alighieri. L’amore imperituro tra Paolo e Francesca, celebrato nel nuovo romanzo di Matteo Strukul, edito da Nord Sud Edizioni.

Una fanciulla forte e fiera, istruita, coraggiosa eppure avveduta. Un amore traditore, nato per caso ed esploso per passione. Due anime impegnate, ma incapaci di sottrarsi l’una all’altra; due cuori incatenati da un beffardo incantesimo d’amore.
Francesca è indipendente, intelligente e lungimirante, colta e coraggiosa, consapevole del suo ruolo nel mondo degli uomini, vive il suo matrimonio cercando di rinnegare il sentimento che prova per Paolo. Paolo, cavaliere senza macchia, è pronto a difendere a fil di spada la donna che ama oltre ogni ragionevole convenienza, brama di una passione malcelata, che lo divora fin nel profondo. Due giovani che hanno creduto di poter ingannare la mentalità del loro tempo e le insidie di una corte. Due giovani, però, che hanno avuto l’audacia e la sfrontatezza di avventarsi contro il destino avverso. Due anime affini e complementari, due corpi e un solo, unico cuore.
Eppure, ogni corte, grande o piccola che sia, pullula di pericoli, invidie, gelosie, spie. Soprattutto per una donna forte e indipendente, con un grado di istruzione che fa paura ha chi quell’istruzione non ce l’ha. E che segna, in modo ineluttabile, la vita della giovane Francesca.

Nel narrare questo amore, Strukul ci porta a comprendere la mentalità dell’uomo medievale, i suoi valori e le sue consuetudini. Un viaggio che permette al lettore di provare un briciolo di empatia con Giovanni Malatesta. Quello che brucia in lui non è tanto il tradimento della moglie, quanto quello dell’amato fratello, la ferita nell’orgoglio e nella dignità, il legame di sangue reciso. Giovanni dall’animo brutale e guerriero, provato dalla vita, che lo ha menomato nel fisico inasprendone il cuore. Roso da un amore non corrisposto, che colma con l’ira e con il distacco il suo senso di inferiorità nei confronti di una moglie che troppo è per lui.

Paolo e Francesca tornano a vivere tra le pagine di questo romanzo emozionante e struggente, denso di sentimenti e di Storia. La prosa fluida è così romantica da dare l’impressione di leggere uno dei manoscritti cavallereschi che tanto amava la protagonista. Il modo in cui Strukul dipinge le scene è poetico, delicato e potente allo stesso tempo e, a ogni pagina, sorprende come riesca a creare immagini sublimi e precise. Il modo in cui gioca con le parole è magistrale.

“Nei suoi occhi, sospettosi per natura, albergava anche la cupidigia più fine, depositata sul fondo acquoso delle iridi come sabbia, pronta a intorbidire lo sguardo non appena qualcuno l’avesse agitata.”

“Amor, c’ha nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte che, come vedi, ancor non m’abbandona” diceva Dante nel V canto dell’Inferno. Un amore che non abbandona Francesca nemmeno tra le spire della dannazione. È proprio quello che Matteo Strukul ci regala in questo romanzo. Un sentimento così forte da vincere la morte e la paura, che non abbandona mai, nemmeno per un solo istante, e resta vivo fino alla fine i due giovani amanti.

“Per un’ultima volta voleva abbandonarsi a lui e lasciarsi amare in quel modo tutto suo, come se si fosse trattato della fine del mondo. Come se non esistesse un domani. Come se quel momento fosse l’ultimo rimasto al genere umano e loro rappresentassero due anime sopravvissute troppo a lungo, due creature che avevano rubato il filo delle parche.”

Paolo e Francesca” è un romanzo che celebra l’amore, quello che divora il cuore, che brucia l’anima. Quello rinnegato, osteggiato, ma impossibile da estinguere. E, pur conoscendo a fondo la storia di Paolo e Francesca, è un libro che si divora.

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“Il cimitero di Venezia” di Matteo Strukul – Review Party

Venezia, 1725. La Venezia del doge Alvise Mocenigo è piegata da un’epidemia di vaiolo. Ma la malattia non è l’unica piaga che colpisce la città: una nobildonna viene ritrovata con il petto squarciato nelle acque fredde della laguna. Il sangue macchia le acque di una città che cerca in ogni modo di nascondere il proprio declino. Il doge, in quei giorni, però, è angustiato da un dipinto del più importante pittore della città, Antonio Canal, detto Canaletto. In una delle sue ultime e celebri vedute, egli ha casualmente ritratto un nobile molto in vista in uno dei luoghi più poveri di Venezia, il Rio dei Mendicanti. Decide così di convocare l’artista per chiedere spiegazioni in merito e per affidargli il compito di scoprire per quale motivo l’uomo si trovasse in quel luogo. Ma quell’indagine, che lo obbliga ad attività alle quali non è abituato, lo condurrà fin dove nemmeno la sua mente avrebbe immaginato. Fino all’inevitabile resa dei conti!

Questa è la trama del nuovo thriller storico di Matteo Strukul, “Il cimitero di Venezia”, edito da Newton Compton Editori.

Con la prosa sorprendente alla quale ci ha ormai abituati, Strukul ci accompagna nelle pieghe della Venezia illuminista, nei meandri dei salotti, catapultandoci dalle sale del potere ai bassifondi della città, in un groviglio di indagini, pedinamenti, supposizioni e ipotesi, in un caleidoscopio di figure simbolo di Venezia. E un ruolo importante lo gioca la ricostruzione dell’ambientazione che è impeccabile e immersiva. Tra parrucche incipriate, spade, tricorni, tabarri e larve, attraverso le immagini tratteggiate dalle sue parole, Strukul ci mostra la Venezia sul finire della sua gloria, in un libro in cui c’è spazio per gli elementi caratteristici dei più grandi classici: amore, avventura, intrighi, congiure, suspense, indagini. E ciò che davvero stupisce, a ogni romanzo sempre più, è l’abilità dell’autore di dipingere con le parole e di rievocare con esse l’essenza di una città e di un’epoca straordinaria. Una maestria che, anche a prescindere dalla trama, riesce a incantare il lettore.

Lo stile ipnotico rende il romanzo scorrevole, fluido al punto che le pagine scorrono senza che il lettore se ne renda conto, ed è caratterizzato da un lessico accurato e ricercato, che riesce a innalzare il livello di immersione nella vicenda. Uno dei punti di forza dell’autore è, infatti, la capacità di adattare in modo sorprendente il lessico al periodo narrato. Il lettore riesce così, senza nessuno sforzo, a capire immediatamente in quale periodo storico sia ambientata la vicenda di ogni suo romanzo.

La caratterizzazione dei personaggi è precisa e incisiva, sia per il protagonista che per i personaggi secondari. In particolare, la figura del Canaletto assume una veste credibile, non di investigatore temerario, ma al contrario di incerto e inesperto strumento nelle mani del doge, con in tasca soltanto la certezza di voler proteggere la sua amata città. Inoltre, il personaggio femminile che affianca il protagonista è una figura interessante, una donna indipendente, coraggiosa e forte. Ogni personaggio risulta, così, estremamente affascinante, parteggi esso per il bene o per il male. Molto interessante anche la focalizzazione sul mestiere del pittore e del vetraio.

La trama è avvincente e imprevedibile; in essa, l’autore ha saputo tirare fili invisibili fino a formare una matassa impossibile da districare, che rotola sempre più velocemente fino all’epilogo inaspettato. Grazie a una conoscenza viscerale della storia di Venezia e a una preparazione eccellente, è riuscito a intersecare nella trama temi originali e anche molto attuali.

Il cimitero di Venezia” non è soltanto un thriller storico avvincente, ricco di passione e tormento. È anche l’affresco di una città unica in un’epoca affascinante. Ed è una prova ulteriore che l’abilità di Matteo Strukul di raccontare la Storia e la bellezza del nostro Paese è ineguagliabile!

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Review party di “Dante enigma” di Matteo Strukul

Dante enigma”, il nuovo romanzo di Matteo Strukul, edito da Newton Compton Editori, non è il racconto della vita del Sommo Poeta, non è nemmeno il racconto della genesi delle sue opere. “Dante enigma” è una finestra spalancata sull’animo di un uomo, nel momento più difficile e significativo della sua vita.
Siamo a Firenze, l’anno in cui comincia questa storia è il 1288; tra pochi mesi si consumerà una battaglia epocale, che segnerà per sempre la vita del giovane Dante Alighieri. La città e la Toscana sono dilaniate delle continue lotte tra le due fazioni dei guelfi e dei ghibellini per il controllo dei territori; Firenze è, al momento, governata dai guelfi.
Dante ha ventitré anni ed è sposato con Gemma Donati, anche se il suo cuore arde d’amore per la bella Beatrice Portinari. È un giovane appartenente ad una famiglia della piccola nobiltà ed è convinto di poter vivere scrivendo.
In questo contesto, l’autore ci racconta cinque anni della vita di Dante, dal 1288 al 1293; anni fondamentali in cui vennero gettate le basi per il suo essere futuro.
Nel romanzo, ritroviamo, infatti, un Dante molto diverso da quello che siamo abituati a conoscere. Incontriamo un uomo che non è ancora diventato il famoso poeta le cui opere hanno fatto la Storia, la cui fama spesso sovrasta e offusca l’uomo in quanto tale; un giovane infelice, che non ha ancora trovato la sua strada, costretto in un matrimonio che non riesce a fare suo. Un Dante sognatore, che crede fermamente nelle proprie capacità letterarie, profondamente innamorato della poesia, nella quale trova conforto dalle ingiurie della vita. Ma anche un uomo tormentato da incubi che fatica a comprendere, divorato dall’ossessione di mettere su carta le immagini che affollano la sua mente. Scorgiamo un Dante tormentato da mille pensieri: la sorte della sua amata Firenze divorata da lotte intestine, l’amore per una donna che non avrebbe mai potuto essere sua, un matrimonio con una donna non scelta che faticava ad accettare.
Scopriamo anche il lato guerriero di questo fiorentino che, in nome della città che tanto ama, combatte la battaglia di Campaldino, nel 1289, fendendo con la propria spada le linee nemiche; un evento infernale che lasciò segni indelebili nel suo animo. Reduce, infatti, da questa battaglia, Dante vive un periodo terribile, colto dal devastante desiderio di autodistruzione, causato dalla guerra che gli sottrae la voglia di vivere; braccato da un’ansia sconfinata che lo priva della lucidità, provato, profondamente cambiato, sconfitto da un’angoscia che non riesce a placare. Un uomo destabilizzato da un mondo che non riesce più a comprendere e che si aggrappa alla poesia per sopravvivere.
Assistiamo, inoltre, al modo in cui si fece strada nella sua mente l’idea di un’opera straordinaria. Oltre ad aver abbracciato la teoria avanzata dal grande studioso Marco Santagata circa la presunta epilessia del Sommo Poeta, le cui crisi avrebbero provocato le visioni che lo condussero alle immagini tradotte poi nella Divina Commedia, Matteo Strukul narra le vicende di questo periodo della vita di Dante in un modo che, in qualche modo, ricordano il viaggio della Commedia, dall’inferno dei campi di battaglia, al paradiso della visione di Beatrice. Una seconda chiave di lettura di quest’opera che è uno spaccato di vita del padre della lingua italiana, nonché della Storia medievale, dove chiara è la ricostruzione del contesto storico, nel quale il lettore può trovare le fondamentali nozioni per conoscere l’eterna lotta tra guelfi e ghibellini.
Molti personaggi, alcuni dei quali citati nella Divina Commedia, popolano questo racconto, come Gemma Donati, moglie di Dante, caratterizzata da una forza e da una pazienza che seppero diventare sostegno per il poeta, o il conte Ugolino della Gherardesca; non passano poi inosservati i grandi capitani di ventura come il ghibellino Bonconte da Montefeltro o il guelfo Corso Donati.
La precisa e fedele attinenza del romanzo alla realtà storica non ha impedito a Strukul di inserire l’immaginata ma verosimile amicizia tra Dante e Giotto, attraverso la quale ci mostra il lato intimo e quotidiano di due straordinari artisti della parola e del colore. Tesse, infatti, tra i due un’amicizia vera e solida, che li accompagna in questi anni terribili, nella quale Giotto si configura quasi come la parte migliore dell’Alighieri.
La narrazione, degna dei più grandi romanzieri della storia della letteratura, è fluida e ammaliante; trascina il lettore nel passato attraverso un linguaggio curato nei minimi dettagli, fatto di vocaboli scelti con grande competenza e chirurgica precisione.
Ogni singola scena è carica di una potenza difficilmente eguagliabile; ognuna di esse scorre davanti agli occhi del lettore come immagini di un colossal dalla maestosa sceneggiatura, che rapisce l’animo del lettore, incatenandolo alle pagine. In particolare, risulta strepitoso il modo in cui l’autore riesce a tessere le scene di guerra, tanto da far trasparire l’orrore, la devastazione, così come l’audacia dei soldati o la potenza delle cariche. Il lettore riesce, così, ad immergersi in mondi di cotte e spade che luccicano al sole, di lance che trafiggono corpi, di grida di dolore e orgoglio.
Colpisce, poi, la maestria nel coniugare nozioni storiche ad uno stile romanzato che ipnotizza, in un maliardo vortice di sensazioni.
Dante enigma” è il romanzo che ci mostra Dante Alighieri come nessuno ha mai fatto, che ci restituisce l’uomo dietro al poeta, con le proprie emozioni e debolezze. Un libro che ci permette di conoscere un grandissimo personaggio della nostra Storia in una veste assolutamente inedita.

Romanzo storico

Review Party de “La Corona del Potere” di Matteo Strukul

“Verrà il giorno che un flagello si abbatterà su di voi e su Roma, sulla Chiesa e sui nobili e poi su tutti coloro che hanno scelto l’alleanza delle tenebre a quella della luce di Cristo e quel giorno il buio non avrà pietà e cadrà su di voi con grandi ali d’Inferno e cancellerà quello che siete stati”.

Cesare Borgia, Alessandro VI, Leonardo da Vinci, Ludovico il Moro, Antonio Condulmer, Lucrezia Borgia, Caterina Sforza, Sancia d’Aragona, Carlo VII, Piero de’ Medici, Francesco II Gonzaga, Caterina Cornaro sono solo alcuni dei giganti del passato che si avvicendano ne “La Corona del Potere”, il nuovo romanzo di Matteo Strukul, edito da Newton Compton Editori, che chiude la dilogia iniziata con “Le sette dinastie” che racconta il secolo d’oro del Rinascimento. 

In questo capitolo, l’autore ripercorre la seconda metà del Rinascimento, dal 1494, quando gli equilibri politici degli Stati italiani si ritrovano in pericolo, essendo venuta a mancare la figura che per anni ne è stato il perno, Lorenzo il Magnifico, e le penisola si trova sotto lo scacco dell’invasione del re francese Carlo VIII, fino ad arrivare al termine di questa era grandiosa, che si chiude con il Sacco di Roma del 1527.

Con quest’ultima opera, Strukul ci regala un viaggio incredibile in un’epoca ineguagliabile, irripetibile; un libro che appare come un’imprescindibile mappa della Storia che permette di conoscere un’importante parte del nostro passato. Debolezze dei potenti, intrighi e sotterfugi, voltafaccia e vere alleanze. Il cuore della politica rinascimentale batte tra le pagine di questo romanzo fulgido e potente; tra le sue righe, la Storia torna a compiersi di nuovo davanti ai nostri occhi.

Un turbine di personaggi grandiosi, perfettamente caratterizzati, che tornano in vita grazie alla maestria dell’autore, riescono nell’intento di aumentare la suggestione del racconto, permettendo al lettore di entrare in confidenza con gli uomini e le donne che hanno fatto la Storia. E così si può assistere, ad esempio, alla determinazione di Caterina Sforza, alla follia spietata di Cesare Borgia, al declino di Ludovico il Moro sotto il giogo dei francesi, all’inadeguatezza di Piero de’ Medici. Forza e debolezze di ogni protagonista sono delineate in modo così preciso e stimolante da donare al lettore la sensazione di conoscerli realmente.
Una volta di più, infatti, Matteo Strukul stupisce per la capacità narrativa. I dialoghi potenti e sublimi, dai quali traspare il carattere e la tempra di ogni personaggio, sono perfettamente credibili e completamente calati nel periodo storico.
La sapiente descrizione delle scene le rende percepibili come se si svolgessero al rallentatore, dando al lettore la sensazione di vedere ogni mossa, ogni azione, di catturare ogni dettaglio. In particolare, le scene delle battaglie sono così coinvolgenti che il lettore può vedere i corpi dilaniati, sentire le urla dei soldati, percepire l’odore della morte, proprio come se si trovasse al centro della lotta.
L’attinenza alla realtà storica è strabiliante e denota il colossale studio delle fonti svolto da Strukul. Il rimbalzo dei brevi e forti capitoli da un punto all’altro della penisola rende la lettura dinamica e attraente. Una narrazione avvincente, suggestiva e totalizzante fa di quest’opera un’esperienza immersiva a tre dimensioni, dalla quale il lettore non può che restarne completamente coinvolto, avvinghiato dalle spire di una magia che si sprigiona dalla prima pagina.

La Corona del Potere” è un viaggio senza eguali, attraverso il tempo e lo spazio, in un periodo unico nella Storia del mondo, scritto da un romanziere straordinario; un autore dal talento incontestabile, in grado di affascinare con semplicità e dedizione.

Romanzo storico

Le sette dinastie

1418.

Milano, Roma, Venezia, Napoli, Ferrara, Firenze sono in lotta per la supremazia. La danza delle battaglie ha inizio.

Visconti-Sforza, Colonna, Borgia, Condulmer, Aragonesi, Estensi e Medici si scontrano e si accordano nell’Italia rinascimentale, tra combattimenti sanguinosi e patti strategici. 
Nel suo nuovo romanzo “Le sette dinastie“, edito da Newton Compton Editori, primo capitolo di una saga che si preannuncia colossale, Matteo Strukul sfoggia tutta la sua straordinaria abilità di romanziere, per regalare al lettore il quadro politico dell’Italia rinascimentale.
Strukul non si limita a raccontare, ma, con una maestria sorprendente, prende per mano il lettore e, attraverso la porta delle sue parole, lo accompagna nel glorioso passato del nostro Paese, che in questo romanzo torna a splendere, fulgente come non mai.
Un libro che entra nel vivo delle lotte e degli intrighi di potere del ‘400, tra nobili famiglie e valorosi soldati di ventura, ripercorrendo i patti, i maneggi e le strategie degli importanti personaggi che hanno popolato questa incredibile epoca storica.
Con stupefacente abilità, Strukul riesce a rendere perfettamente pregi e difetti dei protagonisti, anche attraverso dialoghi straordinariamente vividi e brillanti.
“Le sette dinastie” si dimostra, così, un’opera epica, capace di far conoscere la storia attraverso l’appassionante ritmo del romanzo, coinvolgendo il lettore a 360 gradi.
E rammenta ad ognuno di noi quanto la nostra Italia sia stata il faro della cultura nella storia del mondo, in un passato che ci ha lasciato un patrimonio storico e artistico senza eguali.

INTERVISTA, Romanzo storico

Due chiacchiere con gli autori: MATTEO STRUKUL

DUE CHIACCHIERE CON GLI AUTORI: MATTEO STRUKUL

Il 7 ottobre è arrivato in libreria un nuovo, straordinario e attesissimo romanzo storico, “Le sette dinastie”, edito da Newton Compton Editori e magistralmente scritto da uno degli autori più apprezzati del nostro Paese: MATTEO STRUKUL.

Scrittore, fondatore e curatore del movimento letterario Sugarpulp, direttore artistico di Chronicae, il primo festival italiano dedicato al romanzo storico, Matteo Strukul è l’autore, tra gli altri, della celeberrima tetralogia de “I Medici”, tradotta in dodici lingue e in più di venticinque paesi, il cui primo capitolo, “I Medici – Una dinastia al potere”, gli è valso il Premio Bancarella nel 2017, oltre all’enorme successo di pubblico e critica. Nel 2018 ha pubblicato “Giacomo Casanova – La ballata dei cuori infranti” e “Inquisizione Michelangelo”. Un autore che riesce a dare vita alla Storia per trasportare il lettore in un’altra dimensione; ha l’eccezionale capacità di affrescare le scene come il più valente dei pittori, rendendo immagini nitide di un passato lontano..

  • “Le sette dinastie” è la prima parte di un’opera colossale, che ripercorre le lotte per il potere nell’Italia rinascimentale, in una nuova emozionante saga. Come nasce l’idea di raccontare la realtà politica di quel periodo?

Dopo la tetralogia dedicata a “I Medici” e “Inquisizione Michelangelo” volevo affrontare il Rinascimento in modo plurale, raccontando le storie di tutte le altre grandi dinastie: penso ai Visconti, agli Sforza, ai Condulmer, ai Colonna, ai Borgia. “Le sette dinastie” risponde a questa volontà e sfida. È un’opera complessa, epica per molti aspetti, un’opera che Barbara Baraldi, bontà sua, ha paragonato al “Trono di Spade”. E ha ragione lei perché mi rendo conto, ora, che le lotte fra dinastie, gli intrighi, i tradimenti, le passioni sono elementi che caratterizzano l’opera di Martin. Del resto il grande autore americano non ha mai fatto mistero di ispirarsi alle pagine storiche de La Guerra delle Due Rose. La Storia, anzitutto. Quella con la esse maiuscola. Ebbene, volevo affrontare il Rinascimento nel modo più completo possibile, narrando la spinta innovativa nel mondo dell’arte, non a caso uno dei protagonisti del mio romanzo è Paolo Uccello, lo strepitoso pittore de “La battaglia di San Romano”, ma avendo cura di raccontare anche tutto il quotidiano, nero e terribile, dei capitani di ventura, delle concubine, delle cospirazioni, delle esecuzioni pubbliche.

  • Quale tipo di preparazione richiede un romanzo di questo tipo?

Una preparazione che dura una vita. Non ci si improvvisa autori di romanzi storici. La Storia va studiata, compresa, approfondita. Ma non basta. Altrimenti si scriverebbe un saggio. Invece, come un restauratore, il romanziere deve riportare alla luce i fregi, i decori, gli affreschi su cui si è depositata la polvere e la sabbia del tempo. E come lo sciamano, deve poi evocare i fantasmi, gli spiriti di quei personaggi realmente esistiti e dei tempi che furono. Dopo esservi riuscito, scaraventerà lettrici e lettori in questo mondo che è stato in grado di rievocare, per farli stare al fianco di Filippo Maria Visconti, di Caterina Sforza, di Alfonso d’Aragona. 

  • Leggendo le vicende narrate ne “Le sette dinastie” viene istintivo fare un paragone con la situazione dell’Italia oggi.  Cosa possiamo imparare da questo confronto?

Che l’Italia è un Paese dalle molte culture. Venezia fu regina del Mediterraneo, aveva un intero quartiere a Costantinopoli e una formidabile tradizione marinara. Seppe esprimere per mille anni un’oligarchia illuminata che chiamò Repubblica. Napoli fu dominata dagli Aragonesi e da quelle culture venne fortemente influenzata, sono i castelli stessi a parlarcene. Firenze fu il centro di una rinascita che si manifestò attraverso l’arte rinascimentale e Milano dovette guardarsi sempre, suo malgrado, dalla Francia ma trovò in uomini pragmatici e ardimentosi come Filippo Maria Visconti e Francesco Sforza la propria guida. E poi c’è Roma. Oggi non è quasi cambiato nulla. La grande cultura partenopea, e quella veneta, altrettanto straordinaria, convivono sotto il medesimo cielo e sono il motivo principale per cui l’Italia è il Paese più amato nel mondo perché la meraviglia sta nella varietà e nelle differenze. Dobbiamo solo capire che queste diversità vanno coordinate, comprese e composte in una grande sintesi culturale, capace di salvaguardare le specificità così da farle scintillare ancor di più agli occhi dei cittadini del mondo.

  • Molte delle tue opere, come la tetralogia de “I Medici”, “Inquisizione Michelangelo” e ora “Le sette dinastie”, raccontano del Rinascimento. Da cosa deriva l’interesse per questo periodo storico?

È il periodo di massimo splendore dell’Italia. L’età dell’oro. Quando la nostra penisola propose una rivoluzione culturale che la fece diventare centro del mondo. Sono stanco di leggere storie di mafia e camorra. Le rispetto, sono importanti, ma dovremmo anche comprendere l’essenziale valore della nostra grande eredità culturale che siamo chiamati a conoscere e valorizzare. Io sono felice di essere italiano e quando vengo invitato in molti Paesi nel mondo a parlare dell’Italia e del Rinascimento, tutti manifestano stupore, meraviglia e venerazione per la nostra nazione. Credo sia importante essere ambasciatori anche di quest’Italia. Questo è dunque il mio impegno, la mia missione come autore di romanzi storici.

  • Sappiamo che sei laureato in giurisprudenza e sei un ricercatore di diritto europeo. Con una preparazione di questo genere, come è nata la decisione di raccontare, invece, di Storia?

Amo la Storia da quando ero un bimbo. Da quando lessi a sei anni l’Iliade. Il mio primo testo. E poi Shakespeare e Giulio Cesare, Senofonte e Schiller, Manzoni e Marlowe. Amo la Storia e la grande Letteratura. Il passato esercita su di me un fascino straordinario. Testi come quelli di Hobsbawm e Burckardt rappresentano una gioia assoluta per me. Credo che sia solo attraverso la lente della Storia che possiamo davvero comprendere il presente.

  • A tuo avviso, qual è la considerazione dei lettori italiani nei confronti del romanzo storico?

Credo sia ottima. “M, il figlio del secolo” di Antonio Scurati ha vinto il Premio Strega 2019. “Le assaggiatrici” di Rosella Postorino ha vinto il Premio Campiello 2018. Il mio “I Medici, una dinastia al potere” ha vinto il Premio Bancarella 2017. Sono tre romanzi storici. Stefania Auci con “I leoni di Sicilia”, dedicato alla dinastia dei Florio, sta dominando le classifiche di vendita da mesi. Mi pare che il romanzo storico goda di ottima salute presso le lettrici e i lettori italiani. Io non posso che ringraziarli per la fiducia che accordano alle mie opere.

Un ringraziamento speciale a Matteo Strukul che riesce sempre a farmi volare sulle ali del tempo.

A cura di Deborah Fantinato

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MARIA DI FRANCIA

“I Medici – Decadenza di una famiglia” è l’ultimo capitolo della saga di Matteo Strukul che vede protagonista la famigerata famiglia che ha governato Firenze per ben due secoli, e che ha dato alla Francia due regine: Caterina e Maria de Medici.
Ed è proprio quest’ultima la figura di spicco di questo romanzo.
Maria si ritrova a governare l’intera Francia dopo la morte dell’amato Enrico ed in attesa che il delfino, Luigi, raggiunga la maggiore età.
È una donna forte e coraggiosa, capace di sopportare l’odio che il popolo le riserva, in nome dell’amore per il suo re.  Una regina che governa con equilibrio e lungimiranza.
Una sovrana responsabile verso il proprio popolo ed una madre gravata dall’onere di crescere il futuro Re di Francia.
Colei che, invisa ai nobili del regno, cercherà appoggio nel cardinale Richelieu.
Una regina madre che dovrà scontrarsi con un figlio anaffettivo, divenuto un re insensibile, rancoroso, cinico, insicuro e, perciò, facilmente manovrabile.
Perché governare un paese straniero, in qualità di reggente, osteggiata dal popolo e dai nobili, non potendosi fidare di nessuno, è complicato. Soprattutto per una donna, soprattutto per una fiorentina, soprattutto per una Medici.
Perché il pericolo di congiure e complotti per la conquista del trono è sempre in agguato. In un periodo in cui la fiducia è spesso mal riposta e gli amici possono diventare in un baleno i peggiori nemici. Proprio come quel Richelieu caratterizzato  dalla smisurata brama di potere , la cui maggior ambizione è sempre stata il potere assoluto, raggiungibile attraverso la carica di primo ministro del re; di quel re la cui incompetenza  gli avrebbe permesso di governare in sua vece.
Matteo Strukul ricostruisce la vita di questa donna, con il ritmo incalzante del romanzo d’avventura.
Il grande pregio di questo autore è la capacità di far rivivere l’epoca e i personaggi, attraverso la sapiente descrizione dei luoghi e dei fatti.
Strukul affresca le scene come il più valente dei pittori, rendendo immagini nitide di un passato lontano.
E non di meno conto è l’abilità di raccontare i personaggi, nei panni dei quali il lettore può facilmente calarsi.
Un romanzo pieno di intrighi, di lotte e battaglie, assassinii ed esecuzioni.
Di sentimenti contrastanti, in un periodo che vede la reggenza di un re ragazzo, Luigi XIII,  padre del futuro Re Sole, le lotte intestine per la conquista del potere, l’ascesa del cardinale Richelieu e la lenta ed inesorabile caduta di una sovrana mai accettata
e, con lei, di una grande famiglia.
Un romanzo lungo 43 anni,  che narra l’amara vita di Maria de Medici, costellata dai continui tradimenti di re Enrico prima, e dal freddo trattamento riservatole dal figlio Luigi poi.
Un romanzo che apre le porte del tempo e catapulta il lettore nel XVII secolo con straordinaria luminosità.