Un libro è un amico, un compagno di viaggio e di avventura, un forziere di emozioni; dona la possibilità di vivere la realtà che preferiamo, di conoscere e viaggiare nel tempo e nello spazio.
“I Medici. Ascesa e potere di una grande dinastia”, scritto da Claudia Tripodi ed edito da Diarkos Editore è un saggio molto godibile sulla potente casata fiorentina. Abbracciando un arco temporale di circa quattro secoli, da Giovanni de’ Bicci, il capostipite della famiglia, a Gian Gastone de’ Medici, ultimo esponente, racconta in diciassette capitoli lo sviluppo di questa gloriosa dinastia attraverso le vite dei suoi membri più illustri. È un saggio completo, scritto in modo chiaro e scorrevole, che risulta esaustivo senza mai essere cattedratico; al contrario, appare fluido e coinvolgente. Un punto di forza è l’affascinante delineazione delle personalità e delle caratteristiche personali peculiari di ogni personaggio raccontato, che arricchisce le biografie di ognuno, regalando una visione umanizzata di figure conosciute soltanto sui libri di scuola. Inoltre, fornisce al lettore una panoramica dei fatti, italiani ed europei, più importanti dei vari periodi trattati, che fanno da sfondo alle vicende medicee e con esse si intersecano, come ad esempio il Sacco di Roma del 1527 o lo scisma della chiesa anglicana del 1534. Il testo appare, così, un valido strumento per conoscere la Storia del nostro Paese e d’Europa e per capire gli sviluppi del Rinascimento e dell’Età Moderna. Nonostante sia un saggio ben particolareggiato, l’autrice non si perde in lunghi preamboli o noiosi incisi, ma va dritta al punto delle questioni, dimostrando l’abilità di saper mantenere viva l’attenzione del lettore. Inoltre, fonti e citazioni sono dosate in maniera impeccabile e ben utilizzate, in modo da non appesantire la trattazione. Altro pregio risulta essere lo spazio dedicato alla componente femminile ed ecclesiastica della famiglia. “I medici. Ascesa e potere di una grande dinastia” è un saggio oltremodo interessante, raccontato in maniera semplice; utile soprattutto ai quei lettori che vogliono approcciarsi alla storia della famiglia Medici e a quelli che vogliono andare oltre la figura del più noto Lorenzo il Magnifico e che non può mancare nella libreria di tutti gli appassionati di questa importante dinastia e della storia di Firenze.
Eccomi alla seconda tappa del progetto dedicato alla Congiura dei Pazzi, ossia l’attentato alla vita di Lorenzo de’ Medici, avvenuto nell’aprile del 1478, che provocò la morte del fratello Giuliano. Nel primo articolo dedicato a questa vicenda, avevo parlato dell’evento in sé, mentre questa volta voglio dedicarmi al coinvolgimento nel complotto di un personaggio di grande rilievo: Federico da Montefeltro, duca di Urbino.
Per raccontare questo aspetto, ho letto “L’enigma Montefeltro” di Marcello Simonetta, che ripercorre tutta la vicenda, illustrando anche cause e conseguenze della congiura.
Nella seconda metà del XV secolo, Federico da Montefeltro era il più grande condottiero e capitano di ventura, ingaggiato dai più potenti Signori.
La sua amicizia con Lorenzo de’ Medici nacque nel 1472, quando l’urbinate fu assoldato da Firenze nella guerra contro Volterra, che non voleva condividere le miniere di allume.
Dopo pochi anni, però, il Montefeltro maturò un’acredine nei confronti del fiorentino che si sviluppò di pari passo con quella tra quest’ultimo e papa Sisto IV, che prese le mosse dal rifiuto del Medici al prestito chiesto dal Papa per l’acquisto della città di Imola, nel 1473. Tale diniego da parte della Banca che aveva in gestione i conti dello Stato Pontificio, costrinse il Papa a rivolgersi ad un’altra banca fiorentina, diretta concorrente di quella medicea: quella dei Pazzi, gestita da Jacopo e Francesco Pazzi, uomini molto ambiziosi e desiderosi di rimpiazzare i Medici come signori di Firenze e come banchieri papali.
L’anno successivo, un altro evento significativo creò un’ulteriore crepa nei rapporti tra Sisto e Lorenzo: la questione di Città di Castello. Dopo l’espansione del dominio ecclesiastico su Imola, alcune città iniziarono a ribellarsi e la prima a farlo fu proprio Città di Castello. Il Papa mandò suo nipote, il cardinale Giuliano della Rovere, ad assediare la città, il quale però non vi riuscì soprattutto a causa dell’appoggio che il capo della ribellione Nicolò Vitelli riceveva da Lorenzo de’ Medici, che percepiva l’iniziativa di Sisto come un’aggressiva interferenza nel controllo dell’Italia centrale. Il Papa ritenne il comportamento del Medici come un offensivo tradimento e, nell’agosto del 1474, chiamò il Montefeltro per dirimere la questione. Egli marciò sulla città, che si arrese immediatamente, probabilmente per evitare la stessa sorte di Volterra. Quando ciò accadde, Federico era appena stato nominato duca da Sisto con una cerimonia molto simbolica, che evocava il potere della Chiesa di mettere l’arma della giustizia nelle mani del potere secolare.
Un potere che il nuovo duca di Urbino prese molto seriamente, tanto che iniziò a vedere Lorenzo come un nemico potenziale del Papa, da distruggere. Il suo obiettivo divenne il rovesciamento del regime mediceo su Firenze. Con i rapporti rovinati tra Sisto IV e Lorenzo de’ Medici, Federico da Montefeltro si schierò apertamente con il pontefice, tanto da dare in sposa una delle sue figlie al nipote del Papa, Giovanni della Rovere.
Alla fine di quell’anno così teso, arrivò anche lo “schiaffo morale” da parte del Montefeltro nei confronti del Magnifico, allorchè quest’ultimo chiese un cavallo per la giostra del 1475: il duca rispose che lo aveva già dato ad un membro della famiglia Pazzi.
In quei mesi, l’odio del duca di Urbino nei confronti di Lorenzo crebbe tanto da mettere in guardia anche Cicco Simonetta, il quale intercettò una lettera del Montefeltro in cui scriveva che il re di Napoli avrebbe dovuto cacciarlo da Firenze o farlo tagliare a pezzi. Il suo intento era quello di usare tutto il suo peso politico per mettere in difficoltà il Medici davanti alla corte di Napoli.
Una nuova frattura nei rapporti tra Montefeltro e Medici si creò all’indomani della morte del duca di Milano Galeazzo Sforza, alla fine del 1476. In quell’occasione, Cicco Simonetta, braccio destro del defunto duca e nuovo reggente del ducato, chiese aiuto a Federico per rinsaldare il potere ducale su Milano, ma Lorenzo lo impedì nel timore che la garanzia militare e politica del condottiero diminuisse l’influenza che aveva sulla città in virtù del rapporto di grande amicizia che lo legava a Galeazzo, e favorì il suo diretto concorrente, Ludovico Gonzaga.
Federico, così, iniziò a screditare la figura del Magnifico agli occhi di Milano, nel tentativo di portare il Simonetta dalla parte del re di Napoli, al fine di indebolire la lega tra Milano, Firenze e Venezia. Infatti, Urbino si trovava proprio al centro tra due alleanze: da una parte la Lega citata e dall’altra l’asse Napoli e Stato Pontificio; Federico serviva entrambe in qualità di mercenario.
Una prova del coinvolgimento del duca di Urbino nella congiura, la diede, a fatti avvenuti, proprio il soldato Gian Battista Conte di Montesecco (assoldato dai congiurati per uccidere Lorenzo), quando, al momento della confessione prima di essere giustiziato, riportò la conversazione avuta con Riario e Salviati, il quale gli disse che fuori Firenze avevano il favore del duca. Nella stessa confessione si evince anche che il primo a voler la morte dei fratelli Medici, oltre a Riario e Salviati, era proprio Papa Sisto IV.
Quest’ultimo, infatti, sigillò con Montefeltro il patto per l’eliminazione dei Medici attraverso un dono, una catena d’oro, regalata al figlio del duca, Guidobaldo, con un significato ben preciso: Sisto, dopo aver conferito a Federico il titolo ducale, riconosceva così la legittimità dinastica dei Montefeltro, che in questo modo ricevevano l’investitura ecclesiastica per le generazioni future. Questo rapporto tra papa e duca ben chiarisce quale fosse la convenienza del Montefeltro nel sostenere il papato e la congiura contro Lorenzo.
Una prova ulteriore la diede proprio il duca di Urbino, in una lettere inviata a Cicco Simonetta pochi giorni dopo l’attentato, quando si sparse la voce che il conte Montesecco aveva confessato, nella quale fu chiaro quanto fosse coinvolto.
Tuttavia, quando aveva accettato di contribuire al complotto, Federico lo aveva fatto contando di diventare il “salvatore di Firenze”, in quanto credeva nel sostegno popolare del partito antimediceo, che avrebbe permesso alle sue truppe di entrare in città facilmente, senza spargimenti di sangue. Ma non andò così, pertanto, quando poco tempo dopo si presentò un’altra occasione di assediare Firenze, egli rifiutò. Ciò avvenne perché il Montefeltro avrebbe voluto liberare la città da Lorenzo, ma senza metterla a ferro e fuoco, come era accaduto a Volterra. Non voleva risultare agli occhi del popolo come un invasore e, per questo, si oppose ad un sacco della città, mantenendo però salda la volontà di rovesciare il regime di Firenze minando l’autorità di Lorenzo dall’esterno.
Ma il Rinascimento è stata un’epoca nella quale le alleanze e gli equilibri politici furono quanto mai fragili e volubili e ben presto Federico da Montefeltro si accorse che l’odiato Medici rappresentava il male minore. Solo un anno dopo la congiura, infatti, un altro pericolo iniziò ad aleggiare sulla sua città: la sfrenata ambizione del conte Girolamo Riario. Così il duca di Urbino si trovò a trattare proprio con Lorenzo per frenare Riario che ambiva a diventare l’uomo più influente della penisola: se Firenze avesse perso potere, tutta l’Italia centrale sarebbe stata in balia del papato e Urbino avrebbe potuto diventare la prima facile preda del Papa; la legittimazione dei Montefeltro dipendeva proprio da Sisto, il quale avrebbe potuto revocarla in qualsiasi momento.
E questo suo voltafaccia nei confronti di Sisto IV si palesò all’indomani della pace siglata a Napoli da Lorenzo nel 1479: il Papa reputò Federico regista occulto di un accordo di pace che non teneva in considerazione gli interessi della Chiesa e lo iscrisse nel suo libro nero. Federico da Montefeltro, fino a poco tempo prima paladino degli interessi del Papa, nel 1482 smise di essere condottiero della Chiesa; Sisto non rinnovò il suo contratto.
La ritrovata interessata amicizia con il Magnifico provocò una spaccatura profonda tra Federico e i suoi precedenti complici, Sisto IV e Riario. Lorenzo, ormai armai alleato del re di Napoli e del nuovo duca di Milano, Ludovico il Moro, offrì al Montefeltro un contratto d’oro per la difesa della città di Ferrara, entrata nelle mire di Girolamo Riario. Gli equilibri erano cambiati ancora una volta e Roma era spalleggiata da Venezia.
Ma poco importò per Federico da Montefeltro che morì di malaria all’età di sessant’anni nelle paludi ferraresi proprio mentre si trovava nel mezzo della difesa di Ferrara dall’assedio di Venezia, forse pentendosi di essersi allontanato dal Papa e dalla Chiesa proprio poco prima di morire.
Tutto questo e molto di più lo potete trovare ne “L’enigma Montefeltro” di Marcello Simonetta, un saggio molto approfondito che spiega e racconta molte vicende del primo Rinascimento. Una lettura davvero appagante e intrisa di informazioni importanti per tutti gli appassionati di Storia.
Vi aspetto alla prossima tappa in cui vi racconterò come cambiò per sempre Lorenzo il Magnifico dopo il terribile attacco in Santa Maria del Fiore.
Federico da Montefeltro nel ritratto di Piero della Francesca
In concomitanza con la messa in onda della nuova stagione della serie RAI “I Medici – Nel nome della famiglia”, vi propongo la mia intervista alla curatrice della consulenza storica della serie, BARBARA FRALE, nonché abile autrice di romanzi e saggi storici, il cui ultimo lavoro è “Cospirazione Medici”, secondo capitolo della saga dedicata alla potente famiglia fiorentina, edito da Newton Compton Editori.
A voi la nostra chiacchierata sulla famiglia più famosa della storia.
– La famiglia Medici ha sempre suscitato grande interesse negli scrittori storici. Quale fascino ha avuto su di lei da indurla a dedicarle due romanzi?
Mi affascina la grandiosità delle loro idee, la visione che Cosimo ma poi anche Lorenzo hanno della famiglia e della Patria. I Medici erano grandi patrioti, indubbiamente.
– “ In nome dei Medici” è incentrato sulla figura di Lorenzo, in “Cospirazione Medici” il protagonista è Giuliano. Cosa l’ha spinta a concentrarsi su questa generazione della famiglia fiorentina?
Lorenzo ha dato l’impronta del suo genio a Firenze, è un’icona del Rinascimento italiano, anche se Cosimo gettò le basi per il successo futuro della famiglia. Sulla generazione di Lorenzo abbiamo molti più documenti: io sono uno storico, i documenti vengono prima di tutto.
– “ Cospirazione Medici ” vede, appunto, protagonista il cadetto dalla famiglia Medici, Giuliano, un personaggio che è sempre stato offuscato dall’ingombrante figura del fratello Lorenzo. Qual è la sua considerazione di Giuliano? Quanto era diverso dal Magnifico?
Giuliano per certi aspetti era agli antipodi rispetto al fratello maggiore: cioè cauto laddove Lorenzo tendeva ad essere arrogante, pieno di sé. E prudente, mentre Lorenzo amava gli azzardi. In qualche modo, Giuliano somiglia molto più al nonno Cosimo.
– Nel suo ultimo romanzo, viene dedicato spazio anche a Lorenzo il Magnifico, dal quale emerge il suo lato più negativo. In particolare si nota la sua crudeltà verso i nemici, l’incapacità di gestire proficuamente il Banco di famiglia: aspetti del Magnifico che, nell’immaginario comune, non vengono ricordati. Come veniva considerato dai suoi contemporanei?
Molte fonti lo dicono un tiranno, ma bisogna sempre tenere conto del fatto che queste voci non sono proprio disinteressate, bensì arruolate a interessi rivali. Diciamo che nel quadro del Rinascimento italiano, periodo in cui l’intrigo e il delitto politico vengono elevati al rango di arte, Lorenzo il Magnifico resta pur sempre un grande statista, e anche dei meno crudeli. Certo, è vero che le sue vendette dopo l’assassinio di Giuliano tinsero di sangue le strade di Firenze.
– Crede che, nel tempo, la figura di Lorenzo sia stata in qualche modo mitizzata?
Sì, ma era un uomo all’altezza del proprio mito. Giuliano forse lo eguagliava se non superava, ma il destino non gli offrì il modo di dimostrare il suo valore.
– “ Cospirazione Medici ” racconta delle cause che hanno condotto alla Congiura dei Pazzi, nel quale rimase ucciso Giuliano de Medici. Le teorie in merito che emergono nel romanzo hanno tutte fondamento storico?
Assolutamente sì; ho dovuto aggiungere un 5% di invenzione di contro a un 95% di vero storico altrimenti non avremmo potuto definirlo “romanzo”.
– Cosa è cambiato nella famiglia Medici dopo l’attacco in Santa Maria del Fiore?
Lorenzo ne uscì distrutto, cambiato nell’intimo, incupito. Il Magnifico aveva in serbo grandi progetti per Giuliano, era il suo braccio destro, e anche se lo trattava a volte con sufficienza, ne rimpianse la mancanza per tutta la vita. I Medici non saranno più gli stessi, dopo quel tragico 26 aprile 1478.
“I Medici – Decadenza di una famiglia” è l’ultimo capitolo della saga di Matteo Strukul che vede protagonista la famigerata famiglia che ha governato Firenze per ben due secoli, e che ha dato alla Francia due regine: Caterina e Maria de Medici.
Ed è proprio quest’ultima la figura di spicco di questo romanzo.
Maria si ritrova a governare l’intera Francia dopo la morte dell’amato Enrico ed in attesa che il delfino, Luigi, raggiunga la maggiore età.
È una donna forte e coraggiosa, capace di sopportare l’odio che il popolo le riserva, in nome dell’amore per il suo re. Una regina che governa con equilibrio e lungimiranza.
Una sovrana responsabile verso il proprio popolo ed una madre gravata dall’onere di crescere il futuro Re di Francia.
Colei che, invisa ai nobili del regno, cercherà appoggio nel cardinale Richelieu.
Una regina madre che dovrà scontrarsi con un figlio anaffettivo, divenuto un re insensibile, rancoroso, cinico, insicuro e, perciò, facilmente manovrabile.
Perché governare un paese straniero, in qualità di reggente, osteggiata dal popolo e dai nobili, non potendosi fidare di nessuno, è complicato. Soprattutto per una donna, soprattutto per una fiorentina, soprattutto per una Medici.
Perché il pericolo di congiure e complotti per la conquista del trono è sempre in agguato. In un periodo in cui la fiducia è spesso mal riposta e gli amici possono diventare in un baleno i peggiori nemici. Proprio come quel Richelieu caratterizzato dalla smisurata brama di potere , la cui maggior ambizione è sempre stata il potere assoluto, raggiungibile attraverso la carica di primo ministro del re; di quel re la cui incompetenza gli avrebbe permesso di governare in sua vece.
Matteo Strukul ricostruisce la vita di questa donna, con il ritmo incalzante del romanzo d’avventura.
Il grande pregio di questo autore è la capacità di far rivivere l’epoca e i personaggi, attraverso la sapiente descrizione dei luoghi e dei fatti.
Strukul affresca le scene come il più valente dei pittori, rendendo immagini nitide di un passato lontano.
E non di meno conto è l’abilità di raccontare i personaggi, nei panni dei quali il lettore può facilmente calarsi.
Un romanzo pieno di intrighi, di lotte e battaglie, assassinii ed esecuzioni.
Di sentimenti contrastanti, in un periodo che vede la reggenza di un re ragazzo, Luigi XIII, padre del futuro Re Sole, le lotte intestine per la conquista del potere, l’ascesa del cardinale Richelieu e la lenta ed inesorabile caduta di una sovrana mai accettata
e, con lei, di una grande famiglia.
Un romanzo lungo 43 anni, che narra l’amara vita di Maria de Medici, costellata dai continui tradimenti di re Enrico prima, e dal freddo trattamento riservatole dal figlio Luigi poi.
Un romanzo che apre le porte del tempo e catapulta il lettore nel XVII secolo con straordinaria luminosità.