Con grandissimo piacere oggi vi propongo l’intervista ad una delle scrittrici romance più apprezzate del momento: FELICIA KINGSLEY. I suoi tre romanzi, “Matrimonio di convenienza”, “Stronze si nasce” e “Una Cenerentola a Manhattan”, editi da Newton Compton Editori, sono stati grandissimi successi ed hanno fatto divertire ed emozionare migliaia di lettrici.
Il 6 maggio prossimo uscirà in ebook e in libreria la sua ultima opera “DUE CUORI IN AFFITTO”.
- Il tuo ultimo romanzo Una Cenerentola a Manhattan è una riproposizione in chiave moderna della celeberrima fiaba. Da dove nasce questa idea?
È nato tutto ragionando sull’ambizione delle persone di guadagnarsi una InstaFame, la fama gratuita di Instagram che incorona a celebrità persone anche prive di qualsivoglia capacità o talento (i cosiddetti famosi per essere famosi). Ho pensato che nel 2018 le sorellastre di Cenerentola sarebbero state due di queste. Cenerentola, ossia, Riley, l’ho costruita partendo dall’opposto. E Manhattan, bè… se sogno deve essere, sogniamo alla grande.
- Non hai mai avuto paura che la similitudine con Cenerentola potesse essere pregiudizievole per il successo del romanzo, considerata la moltitudine di rivisitazioni, anche cinematografiche, della fiaba?
Ho corso il rischio, ne sono consapevole, ma se ho una storia da raccontare, devo farlo. Spero che ne sia valsa la pena. Io resto soddisfatta del mio lavoro.
- A tuo avviso, quali sono i punti di forza di questo romanzo?
L’abbattere lo stereotipo della favola originale. Cenerentola era il simbolo del sessismo, del maschilismo, della donna schiava zitta e lava, quella senza ambizioni (a parte una felicità astratta) e che nonostante la sua condizione non le piaccia non fa nulla per cambiarla, e aspetta che qualcuno arrivi a salvarla. La mia Riley, invece, affronta la vita da combattente. Anche lei si trova in una condizione che non le piace, ma ci mette del suo per uscirne. Non aspetta che arrivi il principe azzurro a cambiarle la vita. Riley è ambiziosa ha dei traguardi per se stessa e vuole autorealizzarsi. Il principe azzurro è un plus. Jesse a sua volta non è un salvatore, è un complice, una persona che cresce con Riley e insieme si scoprono e si migliorano a vicenda.
- Nonostante l’indiscusso successo dei tuoi libri, è inevitabile incorrere in qualche recensione negativa. Come ti rapporti con queste critiche?
Cerco di separare la crusca dal grano. Ci sono recensioni molto oggettive e organiche, che mi danno degli elementi di riflessione. Per esempio, se ne vedo una che dice “Ho letto tutti i libri di Felicia, i primi due mi sono piaciuti, ma Cenerentola no perché…”, cerco di raccogliere le informazioni che mi scrivono per fare un’autoanalisi del mio romanzo. Se invece mi dicono “Questo libro è banale, scontato e mi ha fatto schifo”, passo oltre, perché non c’è nessuna critica costruttiva, che può aiutarmi a migliorare.
- Parlando di te, quanto metti del tuo vissuto personale e di Felicia nelle protagoniste dei tuoi romanzi?
Poco. Il mio vissuto magari va a ridursi a qualche dettaglio per caratterizzare i personaggi. In Matrimonio di convenienza e cenerentola, siamo nel campo della piena fantasia, quindi direi che non toccano minimamente la mia sfera personale. In Stronze si nasce, invece c’è una forte componente realistica che arriva dalla mia diretta esperienza con la “mia” Sparkle Jones.
- Quando scrivi un libro, quali sono i punti più critici e più delicati, ai quali devi prestare più attenzione, al fine della buona riuscita dell’opera?
Ogni storia ha le sue criticità. Parlando di Una cenerentola a Manhattan, ti posso dire che i problemi principali sono stati due: il primo, era aggiornare Cenerentola, per non riproporre un personaggio fuori contesto (quale ragazza si farebbe schiavizzare in casa sua, a lavare pavimenti e cucinare, a trent’anni senza dire “ba”?); il secondo è stato il principe. Facci caso: nella favola il principe compare sì e no in tre pagine, non ha nemmeno un nome, non è caratterizzato, non sappiamo nulla di lui. Il principe non è un personaggio, è solo un mezzo per portare giustizia nella vita di Cenerentola. Io non potevo scrivere un romance senza controparte maschile, quindi ho dovuto inventare il principe, Jesse, di sana pianta e dargli una dimensione.
- Hai mai avuto il cosiddetto “blocco dello scrittore”?
Grazie a Dio, ancora no, ma mai dire mai. È per quello che scrivo sempre, finché ho storie in testa, le metto giù, per avere materiale su cui lavorare in vista di tempi bui a livello creativo.
- Nel tuo lavoro di scrittrice, ti ispiri a qualche autrice?
Ci sono autrici romance che mi piacciono molto, ma no, non mi ispiro a nessuna, per non correre il rischio di finire per scrivere la copia mediocre del lavoro di qualcun altro. Preferisco farmi suggestionare dalla musica.
- Riesci a descrivere ognuno dei tuoi romanzi, utilizzando una frase per ciascuno?
No, perché ahime, non sono dotata del dono della sintesi, anzi, il mio più grande difetto è essere un po’ barocca: uso tre parole quando ne basta una. Infatti, dopo che ho scritto la prima bozza, passo con l’accetta a tagliare, tagliare, tagliare.
- Chiedere ad una scrittrice di scegliere una propria opera è come chiedere ad una madre di scegliere uno dei suoi figli, ma se dovessi consigliare uno dei tuoi libri ad una lettrice che non ti conosce, quale sarebbe? E perché?
Lo hai detto tu, non si può fare. Se qualcuno mi chiede da quale partire io suggerisco di leggere le trame e di partire da quello con il quale si sente più affinità. Siamo tutti diversi, con occhi e teste diverse, quindi non c’è una sequenza di lettura collaudata che possa andare bene per tutti.
- Puoi raccontarci qualcosa sul tuo nuovo romanzo “DUE CUORI IN AFFITTO”?
È una commedia romantica, estiva… FOLLE. Nel senso che i personaggi, Summer e Blake, mi hanno letteralmente tenuto sveglia perché continuavano a parlare nella mia testa e io non potevo ignorarli, così dovevo alzarmi (anche alle due di notte) e scrivere di loro. Blake è senza filtri, mentre Summer è un cubo di Rubik. Si ritroveranno a dividere una casa al mare negli Hamptons, e la convivenza forzata si rivelerà durissima.
A cura di Deborah Fantinato