
Roma, 1497. L’ultimo capitolo della saga di Alex Connor dedicata ai Borgia, “La saga di Borgia. Fine di una dinastia”, edito da Newton Compton Editori, prende avvio dalla morte del primogenito di papa Alessandro VI, Juan Borgia. Il papa è distrutto dalla perdita e i suoi nemici sono pronti ad approfittare della situazione. Carlo VIII è morto e sul trono di Francia siede Luigi XII, che vuole Milano e Napoli. Gli equilibri politici sono cambiati, così come gli assetti e le mire della famiglia Borgia. E, soprattutto, di Cesare.
In questo ultimo atto della storia dei Borgia, infatti, assistiamo all’ascesa di Cesare, la sua definitiva evoluzione nel temibile condottiero che la Storia ricorda. Spogliato della veste cardinalizia e rivestito dell’armatura del comandante, il vero io di Cesare esplode, lasciando spazio soltanto alla sua sconfinata e pericolosa ambizione. Nel primo volume abbiamo assistito all’educazione del giovane Borgia a perseguire i fini della famiglia con ogni mezzo, nel secondo alla gelosia nei confronti del fratello maggiore investito della carica che egli voleva per sé, nonché all’estrema insofferenza per il suo ruolo all’interno della Chiesa. In questo ultimo volume, Cesare, finalmente libero dalle briglie che lo tenevano soggiogato e fomentato dall’educazione e dalle ingiustizie del passato, mostra la sua vera natura.
“«E io sono Cesare Borgia, destinato a diventare duca di Romagna», rispose egli con ferocia. «E, se per raggiungere i miei fini dovrò vendere Napoli ai francesi come una puttana, lo farò».”
Un’evoluzione che gli costa il deterioramento dell’unico rapporto umano costante, quello con la sorella Lucrezia, e la nascita dei sospetti e della paura di Rodrigo nei suoi confronti. Ed ecco allora, ora più che mai, il Cesare aggressivo, arrogante, determinato, dal coraggio sconsiderato, quasi diabolico, e dall’ambizione frenetica; selvaggio, lussurioso e crudele. “Io non ho mai creduto in niente, se non in me stesso…” Una deflagrazione che fa tremare e confondere i confini di potere tra lui e papa Alessandro VI.
“«Siamo noi che comandiamo qui!», ruggì il pontefice con voce stentorea. «Devi obbedirci. Devi obbedirci senza fare domande, Cesare. Noi non ci inchineremo di fronte a te, è la tua volontà che si piegherà a noi! noi siamo il papa!». Furibondo, Rodrigo prese un bicchiere di vino e lo scagliò dall’altra parte della stanza; il calice si infranse contro una parete lontana sotto gli occhi del Burcardo, che assisteva intimorito alla rabbia del pontefice. Le guance di Rodrigo erano livide, la fronte imperlata di sudore, le vene sulle tempie gli si erano gonfiate, e la sua collera era terrificante, quando si voltò verso suo figlio. «Vattene!». Indicò la porta. «Vattene, Cesare, o non risponderemo delle nostre azioni».”
Uno sviluppo della sua personalità che, tra le fetide segrete di Castel Sant’Angelo, le decorate stanze vaticane e i sanguinolenti campi di battaglia, lo conduce verso la sua parabola discendente. Tuttavia, la Connor ci mostra come il lato umano, che Cesare nasconde e che si esprime nei confronti di Taddea di Becco (personaggio di fantasia) e di Lucrezia, combatta contro l’animo distruttore. Infatti, uno dei pregi di questa trilogia risiede nel lavoro fatto dall’autrice per superare i pregiudizi esistenti nei confronti di questa famiglia per restituirci personaggi storici nella loro interezza. In questo intento riesce grazie alla perfetta gestione di due aspetti. Innanzitutto, la caratterizzazione a tutto tondo dei personaggi. Rimanendo fedele alla storiografia, interpreta e restituisce lo spirito di ognuno di loro, trasmettendo al lettore la sensazione di poter vedere queste persone.
“Il cardinale appoggiò la schiena al sedile della carrozza, con le mani infilate nelle maniche della veste cardinalizia; i palmi gli prudevano, e le dita desideravano stringere la tiara papale.”
E, tra questi personaggi, troviamo anche il diplomatico e scaltro Niccolò Macchiavelli, dalla memoria prodigiosa e dall’intelligenza eccezionale, il cardinale Giuliano della Rovere e l’indomita e temeraria Caterina Sforza. In secondo luogo, i dialoghi sublimi, con battute perfettamente centrate per ogni personaggio e un linguaggio “contemporaneo” riadattato al Rinascimento.
“«Vi sfido Borgia!», gli gridò. «Questa è la mia fortezza, e nessun bastardo me la porterà via». Il duca replicò con voce ammonitrice. «Sto camminando sui corpi dei vostri uomini morti, contessa di Forlì e signora di Imola. Ditemi, Caterina: volete che eriga un muro di cadaveri per raggiungervi? Perché, in tal caso, lo farò». Lei gli rivolse un debole sorriso, e in risposta urlò: «Innalzate pure il vostro muro, Borgia. Innalzatelo! Ma fate attenzione, perché i corpi su cui vi arrampicherete non saranno quelli dei miei uomini».”
“«Ti guardo e mi chiedo: dov’è finito? dov’è mio fratello, quel ragazzo smarrito che amavo? Mi manca… mi manca tanto». Cesare sentì una stretta al cuore. «È ancora qui». «No, è un fantasma. Come Alfonso, Juan e il principe Cem», rispose Lucrezia. «Tu cammini con gli spiriti, Cesare. Essi ti seguono ovunque. E ti aspettano».
A completare un quadro già eccellente, ci sono le scene forti, vive, pulsanti che, attraverso una ricostruzione precisa dell’ambientazione trasmettono al lettore l’impressione di trovarvisi all’interno.
“Ed era proprio una tigre, quella che adesso Cesare doveva affrontare. Alla testa del suo esercito, in sella a un cavallo nero e con indosso un’armatura nera, egli aspettava e, al ritmo suonato dai tamburini alle sue spalle, i soldati riprendevano le armi. Alla sua destra cavalcava Michelotto, che reggeva il vessillo con lo stemma dei Borgia, e alla sua sinistra avanzava il vescovo di Trani, mentre le truppe addestrate sparavano colpi di cannone contro la fortezza di Forlì, e i mercenari cercavano di arrampicarsi sulla torre diroccata.”
Una narrazione avvincente, sorretta da un ritmo incalzante, serve questo romanzo in cui l’autrice è riuscita a far rivivere i rapporti e le vicende di quei primi anni del Rinascimento, mettendo ben in luce il modo di pensare dell’epoca e i pensieri di ogni personaggio in modo davvero ammirevole.
Insomma, “La saga dei Borgia. Fine di una dinastia” è un romanzo che rapisce e incanta. Ed è la degna conclusione di una trilogia spettacolare!