Un libro è un amico, un compagno di viaggio e di avventura, un forziere di emozioni; dona la possibilità di vivere la realtà che preferiamo, di conoscere e viaggiare nel tempo e nello spazio.
“Il Fermaglio di perla” di Antonio Forcellino, edito da HarperCollins, è il terzo capitolo della saga “Il secolo dei giganti” ambientata nel Rinascimento. In questo volume, l’autore, basandosi sulle “Storie fiorentine” e sulla “Storia d’Italia” di Guicciardini, ripercorre gli avvenimenti che segnarono l’Europa tra il 1519 e il 1549.
E così, dalla morte di Raffaello, passando per il sacco di Roma e il succedersi di quattro papi, nonché lo scisma della chiesa inglese, Martin Lutero e il concilio di Trento, l’autore ci accompagna verso il tramonto di un’epoca straordinaria. L’Europa è al centro della guerra tra Farancesco I e Carlo V ed è nelle mire insistenti dell’imperatore ottomano Solimano. Un periodo di grande instabilità e forti incertezze, un periodo in cui la precarietà regna e la pace è solo un lontano ricordo. L’Europa è allo sbando, “in preda alle convulsioni e alle manovre più infami”, terreno fertile per il forte e determinato Solimano. Tra i biechi giochi di potere, le traballanti alleanze, le forzature e gli albori di una nuova inquisizione romana, vediamo scorrere questi trent’anni del Cinquecento in cui l’Occidente è al centro della lotta tra Francia e Impero e la Chiesa di Roma è nel tritacarne della riforma. I luterani, gli spirituali, gli anglicani… Il mondo sembra volersi affrancare dell’immoralità della Chiesa, prestando il fianco ai turchi che mirano alla conversione di tutti i cristiani. L’unica costante è l’occhio stanco di Michelangelo Buonarroti, l’artista che ha vissuto tutto questo e la cui presenza sembra volerci ricordare i fasti del Rinascimento. E in questo mondo che cade a pezzi emergono, come lumi nella notte, donne potenti e audaci, come Vittoria Colonna e Giulia Gonzaga e donne avide di potere come Roxane, l’amata moglie di Solimano. Donne che contrastano con uomini che hanno come unico scopo la difesa degli interessi dinastici, pronti a tutto pur di portare prestigio alla propria famiglia. Uomini incapaci di agire per il bene, ma abili solo a promuovere gli interessi di figli e nipoti, anche quando si dimostrano ignobili.
Con uno stile semplice, in un contesto storico ricreato con precisione e competenza, tra cardinali, principi, artisti, spie e nobildonne, Forcellino ci trasporta nel Rinascimento, presentandoci personaggi come Alessandro Farnese, Gian Pietro Carafa, Clemente VII, Eleonora Gonzaga e tantissimi altri, e facendoci vivere ogni avvenimento come se fossimo presenti in quel momento storico. In particolare, colpisce molto il modo in cui mostra la nascita delle opere, come la Sagrestia Nuova della chiesa di San Lorenzo a Firenze, a opera di Michelangelo. Sembra quasi di essere accanto all’artista mentre crea, pensa, dubita…
“Il secolo dei giganti” è una delle migliori saghe ambientate nel Rinascimento, in cui la competenza storica e l’abilità narrativa si mescolano donandoci un mezzo efficace per un grandioso viaggio nel tempo.
Roma, 1497. L’ultimo capitolo della saga di Alex Connor dedicata ai Borgia, “La saga di Borgia. Fine di una dinastia”, edito da Newton Compton Editori, prende avvio dalla morte del primogenito di papa Alessandro VI, Juan Borgia. Il papa è distrutto dalla perdita e i suoi nemici sono pronti ad approfittare della situazione. Carlo VIII è morto e sul trono di Francia siede Luigi XII, che vuole Milano e Napoli. Gli equilibri politici sono cambiati, così come gli assetti e le mire della famiglia Borgia. E, soprattutto, di Cesare.
In questo ultimo atto della storia dei Borgia, infatti, assistiamo all’ascesa di Cesare, la sua definitiva evoluzione nel temibile condottiero che la Storia ricorda. Spogliato della veste cardinalizia e rivestito dell’armatura del comandante, il vero io di Cesare esplode, lasciando spazio soltanto alla sua sconfinata e pericolosa ambizione. Nel primo volume abbiamo assistito all’educazione del giovane Borgia a perseguire i fini della famiglia con ogni mezzo, nel secondo alla gelosia nei confronti del fratello maggiore investito della carica che egli voleva per sé, nonché all’estrema insofferenza per il suo ruolo all’interno della Chiesa. In questo ultimo volume, Cesare, finalmente libero dalle briglie che lo tenevano soggiogato e fomentato dall’educazione e dalle ingiustizie del passato, mostra la sua vera natura.
“«E io sono Cesare Borgia, destinato a diventare duca di Romagna», rispose egli con ferocia. «E, se per raggiungere i miei fini dovrò vendere Napoli ai francesi come una puttana, lo farò».”
Un’evoluzione che gli costa il deterioramento dell’unico rapporto umano costante, quello con la sorella Lucrezia, e la nascita dei sospetti e della paura di Rodrigo nei suoi confronti. Ed ecco allora, ora più che mai, il Cesare aggressivo, arrogante, determinato, dal coraggio sconsiderato, quasi diabolico, e dall’ambizione frenetica; selvaggio, lussurioso e crudele. “Io non ho mai creduto in niente, se non in me stesso…” Una deflagrazione che fa tremare e confondere i confini di potere tra lui e papa Alessandro VI.
“«Siamo noi che comandiamo qui!», ruggì il pontefice con voce stentorea. «Devi obbedirci. Devi obbedirci senza fare domande, Cesare. Noi non ci inchineremo di fronte a te, è la tua volontà che si piegherà a noi! noi siamo il papa!». Furibondo, Rodrigo prese un bicchiere di vino e lo scagliò dall’altra parte della stanza; il calice si infranse contro una parete lontana sotto gli occhi del Burcardo, che assisteva intimorito alla rabbia del pontefice. Le guance di Rodrigo erano livide, la fronte imperlata di sudore, le vene sulle tempie gli si erano gonfiate, e la sua collera era terrificante, quando si voltò verso suo figlio. «Vattene!». Indicò la porta. «Vattene, Cesare, o non risponderemo delle nostre azioni».”
Uno sviluppo della sua personalità che, tra le fetide segrete di Castel Sant’Angelo, le decorate stanze vaticane e i sanguinolenti campi di battaglia, lo conduce verso la sua parabola discendente. Tuttavia, la Connor ci mostra come il lato umano, che Cesare nasconde e che si esprime nei confronti di Taddea di Becco (personaggio di fantasia) e di Lucrezia, combatta contro l’animo distruttore. Infatti, uno dei pregi di questa trilogia risiede nel lavoro fatto dall’autrice per superare i pregiudizi esistenti nei confronti di questa famiglia per restituirci personaggi storici nella loro interezza. In questo intento riesce grazie alla perfetta gestione di due aspetti. Innanzitutto, la caratterizzazione a tutto tondo dei personaggi. Rimanendo fedele alla storiografia, interpreta e restituisce lo spirito di ognuno di loro, trasmettendo al lettore la sensazione di poter vedere queste persone.
“Il cardinale appoggiò la schiena al sedile della carrozza, con le mani infilate nelle maniche della veste cardinalizia; i palmi gli prudevano, e le dita desideravano stringere la tiara papale.”
E, tra questi personaggi, troviamo anche il diplomatico e scaltro Niccolò Macchiavelli, dalla memoria prodigiosa e dall’intelligenza eccezionale, il cardinale Giuliano della Rovere e l’indomita e temeraria Caterina Sforza. In secondo luogo, i dialoghi sublimi, con battute perfettamente centrate per ogni personaggio e un linguaggio “contemporaneo” riadattato al Rinascimento.
“«Vi sfido Borgia!», gli gridò. «Questa è la mia fortezza, e nessun bastardo me la porterà via». Il duca replicò con voce ammonitrice. «Sto camminando sui corpi dei vostri uomini morti, contessa di Forlì e signora di Imola. Ditemi, Caterina: volete che eriga un muro di cadaveri per raggiungervi? Perché, in tal caso, lo farò». Lei gli rivolse un debole sorriso, e in risposta urlò: «Innalzate pure il vostro muro, Borgia. Innalzatelo! Ma fate attenzione, perché i corpi su cui vi arrampicherete non saranno quelli dei miei uomini».”
“«Ti guardo e mi chiedo: dov’è finito? dov’è mio fratello, quel ragazzo smarrito che amavo? Mi manca… mi manca tanto». Cesare sentì una stretta al cuore. «È ancora qui». «No, è un fantasma. Come Alfonso, Juan e il principe Cem», rispose Lucrezia. «Tu cammini con gli spiriti, Cesare. Essi ti seguono ovunque. E ti aspettano».
A completare un quadro già eccellente, ci sono le scene forti, vive, pulsanti che, attraverso una ricostruzione precisa dell’ambientazione trasmettono al lettore l’impressione di trovarvisi all’interno.
“Ed era proprio una tigre, quella che adesso Cesare doveva affrontare. Alla testa del suo esercito, in sella a un cavallo nero e con indosso un’armatura nera, egli aspettava e, al ritmo suonato dai tamburini alle sue spalle, i soldati riprendevano le armi. Alla sua destra cavalcava Michelotto, che reggeva il vessillo con lo stemma dei Borgia, e alla sua sinistra avanzava il vescovo di Trani, mentre le truppe addestrate sparavano colpi di cannone contro la fortezza di Forlì, e i mercenari cercavano di arrampicarsi sulla torre diroccata.”
Una narrazione avvincente, sorretta da un ritmo incalzante, serve questo romanzo in cui l’autrice è riuscita a far rivivere i rapporti e le vicende di quei primi anni del Rinascimento, mettendo ben in luce il modo di pensare dell’epoca e i pensieri di ogni personaggio in modo davvero ammirevole.
Insomma, “La saga dei Borgia. Fine di una dinastia” è un romanzo che rapisce e incanta. Ed è la degna conclusione di una trilogia spettacolare!
Sparta, 489 a.C. Nella città al centro della Laconia, Re Cleomene I, della stirpe degli Agiadi, muore improvvisamente. La sua morte lascia la diarchia priva di uno dei suoi re. Non aveva figli maschi Clemeone, soltanto una figlia, Gorgò, di quasi vent’anni. L’assemblea degli Efori e degli Anziani deve occuparsi, così, del matrimonio della giovane: il marito scelto sarà il successore del re defunto.
Nel romanzo “Gorgò. La regina di Sparta”, edito da Santelli Editore, Beatrice Giai Gischia ci racconta la vita di questa nobile donna coraggiosa e libera. L’autrice ci offre, così, un viaggio nella mente di una così lontana nel tempo, che funge da mezzo per spiegare la condizione delle donne nella società spartana, che vantavano un buon livello di emancipazione. Una regina saggia e lungimirante, una donna libera, forte e coraggiosa, che regnò accanto al marito Leonida, riuscendo nel tentativo di far ascoltare la propria voce.
La narrazione è estremamente scorrevole, tanto da permettere al lettore di procedere nella lettura molto velocemente. Il contesto è ricreato rimanendo fedele alla verità storica e l’autrice, seppur con una ricostruzione essenziale dell’ambientazione, è riuscita a rievocare il clima della Grecia di 2.500 anni fa. È apprezzabile, l’intenzione di raccontare parti della storia e della mitologia greca, anche se, a volte, si traduce in inserimenti forzati all’interno della narrazione che possono interrompere il flusso della narrazione e che rendono alcuni passaggi più simili a un saggio. Inoltre. È apprezzabile anche il modo in cui l’autrice restituisce lo sguardo femminile sulla battaglia delle Termopili, mostrando paure e sentimenti di una regina per la sorte del suo regno. La buona caratterizzazione dei personaggi aiuta a ricreare l’atmosfera dell’antica Grecia. La prosa, però, risulta un po’ troppo moderna, rispetto all’epoca nella quale è ambientato il romanzo.
Nonostante la scarsità delle informazioni fornite dalle fonti storiche che l’autrice aveva a disposizione sulla vita della regina Gorgò, è riuscita a ricostruirne la figura, restituendoci il ritratto preciso e verosimile di un personaggio storico femminile degno di nota.
“Gorgò. La regina di Sparta” è una lettura fluida permeata di storia e mitologia, che ci fa conoscere una donna straordinaria. Un romanzo adatto a chi voglia conoscere una parte di storia greca e a quanti vogliano incontrare un personaggio femminile poco conosciuto, ma sicuramente eccezionale.
Ci sono romanzi che si possono vivere, tanto sono coinvolgenti. Ci sono romanzi che si possono vedere, quasi fossero pellicole cinematografiche che scorrono davanti agli occhi. Ci sono, poi, romanzi da cui è impossibile alzare la testa, da quanto sono appassionanti.
“Il castello dei falchi neri”, ultima opera di Marcello Simoni, edita daNewton Compton Editori, appartiene sicuramente a tutte queste categorie!
Napoli, 1233. Al ritorno dalla crociata accanto all’Imperatore Federico II, Oderico Grifone (personaggio di fantasia), primogenito della casata e figlio di Aldelmo l’Uccellatore, il più grande addestratore di falchi del regno, trova una Napoli diversa da quando l’ha lasciata cinque anni prima. Divenuta covo di eretici e canaglie, rosa da un malcontento serpeggiante, divorata dalle tasse imposte da un tiranno che la città non riesce più a tollerare. E quei problemi non hanno risparmiato nemmeno la sua famiglia. Ritrova, così, il fratello minore, monaco Landolfo, scaltro e intelligente, la sorella Aloisia, gentile e determinata, l’intransigente e rude padre Aldelmo e la madre Ebgilberta, la bella e amata Fabrissa. Ma cosa riserverà il destino al coraggioso crociato Oderico? Quanto sarà cambiato il suo mondo in quei cinque anni di lontananza?
Questa è la trama appassionante di un thriller storico che mescola faide familiari, intrighi, potenze e alleanze, amore, segreti, inganni e misteri. E che, in un susseguirsi febbrile di avvenimenti ricchi di suspense, tiene il lettore con il fiato sospeso fino all’epilogo. Una trama contraddistinta da personaggi forti e carismatici, caratterizzati in modo preciso e, a mio avviso, sublime.
“«Una sciagura non la si può certo spaventare, messere», rispose poi, con una smorfia di compatimento. «A Dio piacendo, può solo essere estirpata… come un’erbaccia!». E senza alcun preavviso, gli sbatté la porta in faccia.” Foresta di Acquaviva.
Una narrazione molto scorrevole, caratterizzata da uno stile raffinato e accurato che non la intralcia, e supportata da capitoli brevi, fa sì che si legga tutto d’un fiato, anche se la voglia di prolungare la lettura frena l’istinto di correre tra le sue pagine.
I dialoghi sono trascinanti e potenti. La prosa è impeccabile e il linguaggio è perfettamente coerente con l’epoca narrata.
“«Non è forse dal caos che nascono la luce e l’ordine supremo?». Il diavolo tentatore proferì una risatina beffarda. «Siete fin troppo bravo a far la predica, per essere davvero insofferente alla tonaca». «Vi chiedo perdono», si difese il monaco, «se mostro ancora rispetto per la parola di Dio e verso la mia coscienza». «Si tratta davvero di questo?», lo provocò l’ombra. «O c’è dell’altro?». «A cosa alludete?» «Ho sentito dire, non rammento più dove, che la vigliaccheria sia un attributo comune a tutti i figli cadetti».”
La ricostruzione dell’ambientazione è curata e i particolari sono dosati in modo sapiente. L’abilità di Marcello Simoni, infatti, sta nel rendere in modo perfetto il “qui e ora” così lontano nel tempo senza la necessità di usare lunghe descrizioni. Con l’ausilio di dettagli descrittivi e di termini accurati e pertinenti riesce a rievocare l’atmosfera medievale in maniera nitida e intensa. La velocità delle scene, inoltre, contribuisce ad aumentare il grado di coinvolgimento del lettore, rendendole estremamente vivide.
“Oderico non ci mise molto a strappargli di mano il pugnale, dopodiché gli posò una suola sul petto e lo costrinse a stare disteso nella polvere. «Mi avete insultato una volta di troppo», sentenziò, rivolgendogli contro la sua stessa arma.”
“Il castello dei falchi neri” è un romanzo storico in piena regola, perfetto sotto ogni punto di vista, che di certo metterà d’accordo tutti gli appassionati di questo genere letterario. Un vero e proprio tuffo nel Medioevo italiano, con un grado di immersione difficile da spiegare a parole! Se anche dovessero trarre da questo romanzo un film, non riuscirebbe mai a essere più coinvolgente. Una storia che si lascia amare dalla prima all’ultima parola!