recensione

Il secondo capitolo de “La saga dei Borgia” di Alex Connor: “Un solo uomo al potere”.

“Eppure, il papa aveva salvato Roma. E Roma, come un cane bastonato, si inginocchiò ai suoi piedi calzati da pantofole chinando la schiena in segno di supplica e piegando la testa di fronte alla lama della spada dei Borgia.”

La saga dei Borgia. Un solo uomo al potere”, scritto da Alex Connor ed edito da Newton Compton Editori, è il secondo capitolo della saga dedicata alla famigerata famiglia spagnola di papa Alessandro VI.

La narrazione prende avvio nel 1496. Alessandro VI siede sul soglio di Pietro da quattro anni ormai e sta assistendo alla ritirata dell’esercito francese di Carlo VIII che, dopo aver attraversato l’Italia e aver conquistato Napoli, ha dovuto abbandonare la gloria a causa della peste e della sifilide che ne hanno piegato l’esercito. E, proprio per fronteggiare i francesi, gli equilibri politici sono cambiati nella penisola. Si è formata, infatti, a protezione di Roma e dell’Italia, la Lega Santa tra Milano, Venezia, il Sacro Romano Impero, i sovrani di Castiglia e Aragona e il re d’Inghilterra; tutti uniti contro il giovane e inesperto re francese. Ma non sono soltanto le grandi potenze a essere cambiate: anche le alleanze tra le famiglie si sono rovesciate e i traditori vanno puniti; in primis, la famiglia Orsini, colpevole di aver parteggiato per Carlo VIII.

Per questo, assistiamo alle battaglie di Fornovo e di Bracciano, dove il ruolo del figlio prediletto del papa, Juan, conte di Gandia, appena nominato capitano generale dell’esercito papale, sarà decisivo. E il fulcro della trama di questo secondo capitolo della saga è proprio il rapporto tra Juan e l’altro figlio del papa, il cardinale Cesare Borgia. Assistiamo, infatti, allo sviluppo della gelosia di Cesare nei confronti del fratello, per quel ruolo di condottiero per il quale è nato e cresciuto e al quale ambisce con ogni fibra del suo essere. Ma che, tuttavia, gli viene negato dal padre, che lo costringe alla porpora cardinalizia, pur sapendo che egli non nutre in sé alcuna fede in Dio e che quelle vesti lo soffocano e gli bruciano le carni più di qualsiasi tortura perpetrata in Castel Sant’Angelo.

L’autrice è abilissima nel trasmettere questo sentimento che plasma il giovane Cesare, che all’epoca delle vicende ha ventun anni, e a farci capire quanto l’antagonismo con il fratello lo cambierà nel profondo. Infatti, al momento della narrazione, Cesare è sì l’uomo più temuto di Roma, ma non è ancora divenuto lo spietato e terribile condottiero che è passato alla Storia. E la Connor, pur senza intaccarne indole e personalità, ce ne consegna un’immagine più umana, grazie anche al suo rapporto (frutto di finzione narrativa) con Taddea di Becco, sorella del Pinturicchio.

L’autrice ci racconta, quindi, un altro pezzo della storia della famiglia Borgia con uno stile ipnotico che mescola fatti e pensieri reconditi che estrapola da ogni personaggio, regalandoci un affresco vivo di questo squarcio di Rinascimento. È, infatti, magistrale, il modo in cui ci accompagna nella mente di ogni personaggio, ognuno dei quali è totalmente calato nella mentalità rinascimentale. Uno dei punti forti del romanzo è, appunto, rappresentato dalla caratterizzazione, sia fisica che psicologica, dei personaggi. “Sono nato con una macchia, un marchio, come quello di Caino. Ma è il marchio di mio padre, il marchio dei Borgia, e come tale sono stato allevato per non mostrare alcuna debolezza (Cesare).” Ritroviamo, così, l’arrogante e vanaglorioso Juan, tanto lussurioso e crudele, quanto incapace e sconsiderato; l’ingovernabile e inflessibile Cesare, l’uomo che non ha paura di nulla e nessuno e che è più determinato e spietato del papa; la bella Lucrezia, dalla mente acuta e letale; lo spietato, astuto e ambizioso Rodrigo; l’implacabile e imperturbabile Miguel de Corella, il mercenario con le mani sporche del sangue versato in nome della croce, l’uomo che è la mano, l’occhio e l’orecchio di Cesare. E poi il vicecancelliere papale Ascanio Sforza, nonché i nemici del papa, il cardinale Giuliano della Rovere e il fanatico monaco Girolamo Savonarola, che governa una Firenze in rovina, carica di tensione, povertà e rancore, che tramano per deporre Alessandro VI.

Altro punto forte è costituito dai dialoghi brillanti, potenti e coinvolgenti, capaci di mostrarci la natura di ogni personaggio. “Ho riposto la mia fede in Dio. Egli muove la mia lingua e vi pone le parole. Nessun papa Borgia può farmi tacere, e nessun toro spagnolo può mettere la museruola a Dio (Savonarola)”.

Il linguaggio è corretto e coerente, caratterizzato da espressioni impeccabili per l’epoca in cui si svolge il romanzo, che permettono al lettore di scivolare all’interno delle vicende con grande facilità.  

Un romanzo storico ineccepibile, più avvincente e visivo di un film, grazie all’intreccio mozzafiato e alle scene pulsanti e immersive. Veleni, congiure, alleanze, gelosie, intrighi e spie si mescolano in questo libro che si divora tutto d’un fiato, donando al lettore la sensazione di partecipare quasi fisicamente alle scene. Senza alcuno sforzo, si possono, infatti, udire le voci di Cesare e Rodrigo che discutono sulla carica di Juan, i sussurri di Taddea e Pinturicchio nelle sale vaticane in cui il pittore sta lavorando, le urla di acclamazione delle donne di Roma per il bel duca di Gandia. “Dove avrebbe dovuto trovarsi Juan c’era invece Cesare Borgia, pieno di risentimento nei suoi paramenti clericali, a guardare il fratello cavalcare come il Santo Soldato di Roma. L’ego di Juan lo circondava come un’aureola, le donne gli baciavano gli stivali e toccavano i fianchi della sua cavalla per attirare la fortuna. E mentre il coto intonava il Te deum, gli stendardi intorno a San Pietro fluttuavano nell’aria calda, e il sole illuminava l’uomo e l’esercito che sarebbero ritornati a Roma da eroi.”

“La saga dei Borgia. Un solo uomo al potere” è un romanzo che soggioga il lettore, costringendolo a incedere frenetico e cauto allo stesso tempo tra le sue pagine. Una volta iniziato, infatti, ci si ritrova combattuti tra la volontà di sfogliare una pagina dietro l’altra per proseguire nelle vicende e la voglia di rimanere in quelle scene create con così grande abilità da illuderci di farne parte. È, senza dubbio, uno di quei romanzi capaci di trasportare il lettore indietro nel tempo per catapultarlo al cospetto dei personaggi che hanno fatto la Storia!

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“Ramondo lo scudiero” di Antonio Chirico

Il romanzo di Antonio Chirico, “Ramondo lo scudiero”, racconta la vita di un personaggio storico poco conosciuto, Raimondo Orsini del Balzo, detto Raimondello.

Vissuto nella seconda metà del XIV secolo in Puglia, secondogenito del terzo conte di Nola, a Raimondo venne destinata la carriera ecclesiastica, ma lui aveva ben altri progetti per il proprio futuro. Così, ebbe il coraggio di ribellarsi alla volontà paterna, abbandonando la casa e la famiglia e scegliendo di impegnarsi per realizzare quel futuro.

Con questo romanzo, l’autore ci restituisce un personaggio astuto, coraggioso, audace, leale, forte e valoroso; un cavaliere e un grande condottiero che riuscì, con le sole proprie forze, a costruirsi una vita d’onore e avventura. Un ragazzo che partì a mani nude e con il cuore pesante dall’Italia alla volta della Lituania, per combattere la crociata di evangelizzazione dei pagani dei territori baltici a fianco dei Cavalieri Teutonici, e che tornò da condottiero con la propria compagnia al seguito.

Attraverso una narrazione fluida e lineare, caratterizzata da uno stile avvincente, l’autore ci trasporta, così, nel mondo medievale, fatto di battaglie, cavalieri, alleanze e congiure, per raccontarci una vita davvero molto interessante.

La ricostruzione del contesto storico risulta ben fatta. A fare da sfondo alle vicende di Raimondo, infatti, troviamo la lotta tra Carlo III Durazzo e Luigi d’Angiò per il Regno di Napoli e lo scisma della Chiesa d’Occidente che vede contrapposti papa di Roma Urbano VI e l’antipapa di Avignone Clemente VII.

Sono apprezzabili i numerosi particolari delle scene di battaglia che permettono al lettore di calarsi nelle vicende in modo totale. Inoltre, risulta interessante anche il lato introspettivo del protagonista che ci permette di sondarne l’animo e di entrare maggiormente nella mentalità del condottiero.

Sia i personaggi storici che quelli di fantasia sono ben caratterizzati, permettendo così al lettore di riconoscere ogni voce in modo distinto.

I dialoghi risultano coinvolgenti, nonostante l’uso di alcune espressioni non proprio adatte a un romanzo ambientato nel Medioevo, in quanto troppo moderne, anche se ciò non incide sulla credibilità della narrazione né sul piacere della lettura.

Ramondo lo scudiero” è un romanzo storico denso di fatti e sentimenti che, tra realtà storica e adattamenti narrativi (precisati nella nota finale), narra una vita straordinaria e intensa; un appassionante viaggio nel mondo dei capitani di ventura. Una lettura piacevole ed entusiasmante, adatta anche a chi si approccia per la prima volta al romanzo storico.

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“Bastarde di Francia” di Alessandra Giovanile e Virna Mejetta

Bastarde di Francia. La figlia del cardinale”, scritto a quattro mani da Alessandra Giovanile e Virna Mejetta e edito da Piemme Edizioni, è un romanzo al femminile che incastona una trama di fantasia nella cornice della Francia del XVII secolo, governata da Luigi XIII e dal cardinale Richelieu.

Una storia che ruota attorno al destino di Madeleine Pidoux, nipote del cardinale più potente di Francia. La sedicenne è destinata a un matrimonio in Savoia, per servire il suo Paese, ma il suo cuore viene rapito dal bel moschettiere Hauteville, assegnato alla sicurezza della sua persona. Per lei, però, sembra non esserci scampo a questa vita di costrizione, a meno che non si decida a rivelare al mondo quel segreto di cui è a conoscenza e che procurerebbe uno scandalo senza precedenti alla corte di Francia. La vicenda di Madeleine si intreccia, poi, a quella di un’altra giovane donna, Cécile de la Baume, tenuta prigioniera in un forte per scontare la disobbedienza della sua famiglia verso la Francia.

Tutta la vicenda permette alle autrici di mostrare la condizione della donna, il suo ruolo nello scacchiere delle alleanze, inermi pedine al servizio dei potenti. Ci mostra l’ineluttabilità delle vite alle quali erano costrette, le sofferenze che ciò comportava; mette in evidenza quelle catene invisibili che le tenevano prigioniere e che si intrecciavano ai fili con i quali venivano manovrate dai poteri forti.

La maggior parte della storia è incentrata su mademoiselle Pidoux, una fanciulla determinata, coraggiosa fino a rasentare l’insolenza, quando necessario; una giovane donna che non ha paura di farsi valere in un mondo costruito dagli uomini e per gli uomini, di combattere con tutte le armi in suo possesso per tentare di rovesciare le sorti del destino scritto per lei da chi aveva l’interesse e il potere di farlo. Una ragazza pronta a ogni sacrificio pur di proteggere chi ama. Insieme a lei, troviamo il valoroso soldato della guardia reale, Hauteville, che non può che apparire come il cavaliere delle fiabe, nonostante i suoi molteplici lati umani e i discutibili difetti che ne mostrano tutta l’imperfezione.

Amore, moschettieri, spie, segreti, macchinazioni, intrighi, trattati, mescolati a personaggi forti e nettamente delineati sono gli ingredienti di questo romanzo che regala al lettore una storia in grado di far sognare.

Il grado di immersione nella narrazione è davvero notevole ed è oltremodo gratificante il livello di coinvolgimento che permette, soprattutto grazie allo stile molto poetico ed evocativo e alla ricostruzione dell’ambientazione vivida e precisa. La caratterizzazione dei personaggi risulta perfettamente riuscita, tanto da creare un coro di voci distinte, interessanti e vive.

Bastarde di Francia. La figlia del cardinale” è un racconto delicato e potente allo stesso tempo, ricco di amore e avventura, affascinante e trascinante, nonostante le sue quasi settecento pagine. Una lettura da cinque stelle!