le fondamenta del romanzo storico

Le fondamenta del romanzo storico. Sesto appuntamento: il linguaggio.

Siamo arrivati all’ultima tappa di questo viaggio all’interno del romanzo storico. Oggi affrontiamo un altro aspetto peculiare di questo genere: il linguaggio.

Un linguaggio che deve essere semplice e chiaro, mai ampolloso, ma deve anche dare l’impressione di trovarsi in un’epoca lontana. Per questo motivo, è necessario usare i termini corretti, come ad esempio, quelli degli abiti e degli oggetti, oppure il nome delle ore del giorno che devono essere quelli utilizzati nell’epoca narrata. Anche in questo caso, tutto è frutto di una ricerca accurata. Quindi, ad esempio, in un romanzo ambientato nel Quattrocento, non sarebbe corretto dire “incontriamoci alle tre”, ma “incontriamoci alla nona”, perché la misurazione del tempo nel Medioevo era differente. Questo processo di scelta dei termini corretti deve essere poi approfondito per evitare di scadere in luoghi comuni e parole/frasi superficiali, che rischiano di irritare il lettore per la loro banalità.

È necessario poi, evitare, tutte quelle espressioni che sono tipiche del linguaggio contemporaneo e che non avrebbero potuto essere pronunciate nell’epoca narrata, anche se ciò non significa, ovviamente, che il romanzo debba essere scritto nel modo in cui si parlava nel periodo storico in cui è ambientata la vicenda. L’autore, quindi, dovrebbe cercare di adeguare il tono e lo stile del linguaggio ai protagonisti, in particolare nei dialoghi. Questi, soprattutto nel romanzo storico, hanno il compito di caratterizzare i personaggi, rendendoli quasi vivi agli occhi del lettore, pertanto devono risultare credibili e coerenti con il contesto.

Ora, per l’ultima volta, lascio la parola ad Andrea Zanetti.

Un tasto dolente di alcuni romanzi storici è il linguaggio utilizzato nella narrazione che, in alcuni casi, non sembra essere appropriato all’epoca storica in cui si svolge la trama. In quale modo l’autore può adattare il tono e lo stile del linguaggio ai personaggi e al periodo narrato?
Ritengo sia una questione di scelta narrativa, primariamente, e talento in via accessoria. Ci sono romanzi molto “barocchi”, per così dire, intensi e complessi. Altri invece, tipicamente britannici o statunitensi, che narrano con assoluta precisione ma senza fronzoli evocativi. Entrambi possono diventare best seller. Io, che pur ho vissuto un’evoluzione dettata anche dall’esperienza via via conquistata, sono propenso a premiare il ritmo. E il ritmo si ottiene con semplicità ed efficacia. Ma lo stile è una cosa, l’oggetto narrativo è un’altra. I dettagli storici, ad esempio, possono compensare uno stile più contemporaneo.

Questo aspetto risulta centrale, poi, nei dialoghi. Capita, a volte, di imbattersi in romanzi storici basati su dialoghi nei quali l’autore/autrice si è limitato/a ad utilizzare ripetutamente alcuni vocaboli (come, ad esempio, i classici messere/madonna) nell’erronea convinzione di aver dato, così, credibilità alle battute. Quale lavoro ulteriore comporta la costruzione di dialoghi di un romanzo storico rispetto a quelli di altri generi?
Questo è un vero grattacapo. Una scelta stilistica pura. E che richiede solo una cosa: coerenza. Se si vuole scendere ad un livello molto attento e profondo nelle peculiarità del dialogo, va fatto in modo coerente e totale. A me le forme semplicistiche e ibride non piacciono perché si rischia di scadere, come dicevi tu, nella frivola ripetizione di luoghi comuni. Si può optare invece per un taglio più contemporaneo, pur facendo molta attenzione. Alcuni termini di uso comune oggi sono proprio impossibili da far pronunciare ad un personaggio vissuto trecento anni fa. Pur mantenendo un vocabolario moderno, va dato un senso del dialogo d’altri tempi, ad esempio con l’ausilio di più subordinate, e calibrato anche sull’estrazione sociale di chi parla. Nobili e popolani parlavano in modo notevolmente diverso.

Sempre parlando di dialoghi, nel romanzo storico, assolvono alla duplice funzione di caratterizzare il personaggio e far calare maggiormente il lettore nell’epoca narrata. Come si costruisce questo connubio? Quali difficoltà comporta?
Si deve essere consci che un uso desueto di una lingua appesantisce un po’ il ritmo. A volte, al lettore, servirebbe un dizionario a portata di mano. Andrebbe anche studiata molto la lingua teoricamente parlata dal personaggio (la lingua tedesca dell’Ottocento è molto diversa dal Latino dell’Impero Romano). Tutto il romanzo, a mio modo di vedere, deve avere una certa omogeneità, ma è d’effetto che un nobiluomo in Maggior Consiglio parli in modo sensibilmente più costruito di un brigante di campagna, ma nel complesso non debbono sembrare appartenere a due libri diversi.

Giunti al termine di questa avventura, ringrazio moltissimo Andrea Zanetti per aver dedicato del tempo a questo progetto e tutti voi per averci seguiti fin qui!

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le fondamenta del romanzo storico

Le fondamenta del romanzo storico. Quinto appuntamento: il contesto, tra Storia e fantasia.

Per scrivere un romanzo storico è necessario partire dalle fonti per ricostruire il contesto, ossia i fatti che fanno da sfondo alla vicenda. L’autore deve recuperare tutte le informazioni utili e collegarle per ricostruire il quadro completo del periodo, come se fosse un puzzle.

Ma è possibile inventare in un romanzo storico? La risposta è certamente sì, ma la parola d’ordine per l’intervento della fantasia dell’autore è verosimiglianza. I fatti storici più importanti del contesto scelto, però, dovrebbero essere rispettati e non dovrebbero essere snaturati, altrimenti la credibilità del romanzo salterebbe irrimediabilmente, sia che si tratti di un romanzo storico che di uno dei suoi sottogeneri. Ad esempio, se si racconta la battaglia di Lepanto non è possibile sovvertirne l’esito, dichiarando la vittoria degli Ottomani soltanto perché necessario alla trama, a meno che non si tratti di un romanzo ucronico (la fantastoria).

In un romanzo storico, quindi, non sono presenti soltanto eventi realmente accaduti, soprattutto perché la Storia è piena di lacune a cui si supplisce con la fantasia. Più si torna indietro nel tempo, infatti, più scarse sono le informazioni e, quindi, maggiore sarà l’intervento dell’immaginazione dell’autore. Ma ciò deve essere fatto con criterio: può succedere di tutto in un romanzo, purché sia verosimile e contestualizzato. Il contesto, infatti, deve sempre essere rispettato.

Inoltre, la fantasia è molto importante perché, quasi sempre, il dato storico è scarno e freddo. Tutto ciò che ruota intorno al dato storico deve essere ricostruito dall’autore con la fantasia. Vi riporto l’esempio che mi fece Carla Maria Russo nell’intervista di qualche mese fa: “Costanza d’Altavilla, fu costretta ad abbandonare il convento e sposare Enrico VI di Svevia. Questo è il dato. Ma poi questi fatti devono tradursi in scene, dialoghi, comportamenti, passioni, reazioni, sentimenti…Come sarà stato comunicato a Costanza che doveva abbandonare il convento? Chi glielo ha comunicato? E lei, come avrà reagito? Cosa avrà provato?”

Da lettrice, inoltre, posso aggiungere che è sempre utile, al termine del romanzo, inserire una nota storica che spieghi gli eventi, distinguendo ciò che è realmente accaduto da ciò che è stato inventato dall’autore.

Ora, però, lascio la parola ad Andrea Zanetti.

Quanto in profondità è necessario raccontare le vicende storiche che fanno da sfondo alla trama del romanzo?
Questa credo sia una scelta molto individuale e “stilistica”. Io ho voluto raccontare un periodo storico e “politico” utilizzando storie di avventura, la dimensione storica è importante per me. Poi si incontrano i gusti. Chiaramente più è dettagliato e sviluppato il contesto e più il testo assomiglierà ad un saggio. Meno viene descritto l’ambiente, e più si perderà la connotazione storica al romanzo. Trovare un equilibrio è compito dell’autore, ma ognuno ha una sua sensibilità e un proprio gusto personale.

Quanto deve essere fedele alla verità storica l’autore che si accinge a romanzare eventi storici?
Io mi sento di dire molto. Ci sono altri generi letterari che possono raccontare un passato diverso da quello che è stato (estremizzando si può pensare al fantasy storico). Chi legge un romanzo storico accetta una componente di fantasia e alcune libertà poetiche, ma la credibilità di un autore sta nel saper dipingere abbastanza fedelmente un’epoca. 

E quanto, invece, può spingersi con la fantasia, senza alterare la Storia?
Nella fiction, sia chiaro, non ci sono limiti o regole precise. Nessuno vieta di scrivere un romanzo in cui la flotta cristiana è stata sconfitta a Lepanto e i turchi hanno conquistato l’Europa per altri quattro secoli, ma a questo punto non lo definirei più un romanzo storico… Vale anche per i personaggi: nessuno vieta di raccontare un Doge arabo, un sultano donna, una popolazione vichinga nel cuore dell’Africa all’epoca della tratta degli schiavi… Ma così si trascende verso la fantascienza. 

Restando nell’ambito di ciò che può essere introdotto dalla fantasia dell’autore, è possibile inventare un fatto storico? Facciamo un esempio. Partendo da un assedio via mare storicamente documentato, per fini narrativi, è possibile inventarne uno precedente allo scopo, ad esempio, di aumentare il grado di paura della popolazione assediata?

Rimane sempre il fatto che il romanzo non è un saggio… Se si distorce la storia anche quando non serve, direi che non si fa un buon lavoro. Ci sono altre strategie per aumentare il pathos. Non serve mentire sulla storia reale. Ad esempio: si potrebbe far vedere un personaggio che predica in una piazza le atrocità di un assedio che ha vissuto e da cui è miracolosamente scampato, gettando così nel terrore gli spettatori. La voce si sparge e la storia viene amplificata a dismisura, così da gettare la popolazione intera nel panico. Si crea in questo modo la “scena” e il pathos, ma non si distorce la storia che rimane ad ogni modo un elemento fondamentale nel romanzo storico. È una strategia più elegante secondo me e alla fine paga.

Come si affrontano le lacune storiche relative alle vicende che si raccontano nel romanzo?
Sicuramente la parola “romanzo” ci salva. Nessuno ha la pretesa di scrivere un saggio che sia l’opera omnia di una determinata civiltà o epoca. Il romanziere fa altro. Fa interpolazione, anche. Immagina, pensa, ragiona, crea con la fantasia. Anzi, questo genere mette le radici nei libri di storia, ma è proprio nelle lacune che può espandersi. Si diventa improvvisamente liberi da vincoli, e tutto (o quasi) diventa possibile. Io cerco proprio le lacune per poter trasformare un dubbio, una curiosità in una storia possibile.

Vi aspettiamo il 29 dicembre per l’ultimo appuntamento di questa rubrica. Affronteremo il tema del linguaggio di questo genere letterario.

le fondamenta del romanzo storico, rubrica

Le fondamenta del romanzo storico. Quarto appuntamento: i personaggi storici.

Una della particolarità del genere storico è rappresentata dalla presenza di personaggi realmente esistiti, dalla cui biografia e personalità l’autore non può prescindere, sia che si tratti di protagonisti che di semplici comparse. Le aspettative del lettore relative alla caratterizzazione dei personaggi, infatti, sono molto più alte in questo genere rispetto ad altri, proprio perché egli ha la possibilità di conoscere la realtà di un personaggio storico. Quindi, attraverso lo studio della biografia del personaggio, l’autore deve ricavarne la psicologia e ricostruirne la personalità, il temperamento e l’indole, in modo da riportarlo al lettore nel modo più vivo e fedele possibile.

Da questi, poi, si distinguono i personaggi di fantasia che devono essere calati nella realtà storica in cui si muovono e che devono risultare credibili. Ma qui è necessario fare attenzione a non farli ricadere in schemi troppo netti e stereotipi e, soprattutto, ad evitare gli anacronismi. Ad esempio, creare un personaggio femminile medievale che compie imprese da eroina moderna non giova alla credibilità della storia. Per questo, è necessario tenere sempre a mente la cultura, la mentalità e la società del periodo storico in cui si ambienta il romanzo. E ciò non significa che non si possano costruire personaggi che lottano contro i difetti del loro tempo, ma sarà necessario farlo rimanendo nei limiti delle regole del periodo in cui vivono. Questo perché il modo in cui si sviluppano e si manifestano le dinamiche tra le persone è influenzato dalla società.

Ma ora lascio la parola ad Andrea Zanetti!

In un romanzo storico, risultano centrali i personaggi del passato, realmente esistiti, dei quali, si dice, l’autore debba saper rievocare gli spiriti. Quale tipo di studio sul personaggio deve compiere l’autore per riportarlo in vita? Come ci sei riuscito, ad esempio, con la regina di Cipro Caterina Cornaro?
Questo è sempre l’aspetto più delicato. Un conto è usare personaggi di fantasia o rievocare personalità illustri pur lasciandole nello sfondo, un conto è invece renderli protagonisti. Già questo, ovviamente, crea un problema nella storia, che rischia di scadere quasi nella fantascienza. Gli aspetti caratteriali poi sono sempre difficili da ottenere da fonti attendibili. Nel mio caso ho acquistato molte monografie sulla sua vita, sulla sua persona (Caterina Corner è stata senza dubbio una delle grandi donne del Rinascimento, e nel 2010 ricorreva il cinquecentenario della sua morte, occasione colta da molti storici per celebrarne il ricordo). Da queste ho cercato di trovare tratti comuni, in cui tutti gli autori erano concordi, usando quindi questa linea come base. Poi ho iniziato a ragionare di mio, deducendo aspetti psicologici dai fatti conclamati.

Fondamentale, e delicata allo stesso tempo, è poi la loro caratterizzazione. Come riesce lo scrittore a dare la giusta voce ad un personaggio realmente esistito?
Quello che ho fatto io è contestualizzare le opere che Ella ha fatto in vita (nel caso di Caterina), usando intuito, psicologia e immaginazione per poter capire che tipo di personalità possa aver mosso certe gesta. Caterina è stata sposata per procura appena diciassettenne, affidata ad un marito che regnava un’isola distante duemila chilometri da casa, lontana dalla famiglia e da tutto il suo mondo. Dopo essere stata lasciata vedova e aver visto morire il figlio, con il sospetto dell’avvelenamento per mano veneziana, ha cercato di regnare per quattordici anni, prima che Venezia esigesse dalla sua stirpe la fedeltà e il suo regno. Una donna che si isola quindi ad Asolo, lontana dalla politica e che si circonda di arte e musica, natura e amori, non può non essere stata una donna forte e sensibile. Io questo ho cercato di ritrasmettere.

Attorno ai personaggi storici, inoltre, ruotano anche personaggi di fantasia che servono la trama a più livelli, ma che devono essere creati in modo da risultare credibili in quel contesto storico. Come si costruisce questa credibilità? A quali aspetti deve prestare attenzione lo scrittore affinché i personaggi da lui inventati siano calati a tuttotondo nel contesto?
Anche qui, c’è qualche difficoltà in più. I personaggi di fantasia, sia protagonisti che comparse, hanno uno scopo narrativo, scelto dall’autore. Le vicende umane, come ho già detto, sono piuttosto universali, comuni in ogni epoca, perché di fatto, pur cambiando mentalità e morale all’evolvere delle società, i sentimenti di partenza rimangono gli stessi. Ci saranno sempre persone altruiste, invidiose, arriviste, sentimentali, abnegate, integerrime, traditrici, sognatrici. Bisogna però utilizzare queste sfumature caratteriali per giungere a scopi contestualizzati nel periodo storico. Il modo di pensare, sviluppato sulla base di queste pulsioni, cambia nel Trecento o nel Settecento, a Venezia o a Costantinopoli. 

Vi aspettiamo mercoledì 22 dicembre per parlare della ricostruzione del contesto tra fedeltà alla realtà storica e fantasia dell’autore.

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Le fondamenta del romanzo storico. Terzo appuntamento: l’importanza dell’ambientazione.

Per permettere al lettore di calarsi in un’epoca lontana da quella contemporanea è indispensabile che l’autore ricostruisca le atmosfere di quel periodo. Egli deve conferire tridimensionalità alla trama, prepararne il tessuto, inserendo elementi della vita quotidiana e le caratteristiche sociali e culturali, come le usanze, le condizioni sociali, i costumi. Per questo motivo, partendo dalla vicenda e tenendo ben presente i personaggi (e in particolar modo i loro ceti sociali, che influiscono sull’ambientazione), l’autore deve ricostruire il mondo intorno a loro. Per fare ciò, deve tenere conto di quelli che potremmo definire i tre aspetti dell’ambientazione:

  • Aspetto temporale: l’autore deve tenere conto, innanzitutto, del periodo in cui è ambientata la sua vicenda. Una volta scelto, dovrà ricostruire le norme, le abitudini, gli usi, le consuetudini e il modo di vivere tipici di quel momento storico. Ad esempio, il modo di vestire o quello di mangiare è stato molto diverso nella Roma Imperiale rispetto alla Roma del Quattrocento.
  • Aspetto spaziale: poi deve considerare il luogo in cui si svolge (sempre contestualizzato nel periodo scelto). Pertanto, l’autore deve ricreare nella mente del lettore l’immagine della città o del paesaggio per com’era in quel preciso momento. Inoltre, deve tenere presente che, in uno stesso periodo storico, ma in luoghi diversi gli aspetti della vita possono essere molto differenti.  
  • Aspetto sociale: il ceto sociale dei personaggi caratterizza anche l’ambientazione che, pertanto, sarà differente alla corte del Re Sole rispetto a quella delle strade di Parigi durante la Rivoluzione. Ad esempio, una vicenda in cui i personaggi appartengono alla nobiltà, questi avranno abitudini e comportamenti che saranno diversi rispetto a quelli delle persone dei ceti sociali più bassi dello stesso periodo storico. E tutto questo influisce sull’ambientazione a livello dei luoghi in cui vivono, di cosa mangiano, di come vestono, ecc.

E quello dell’ambientazione, dal punto di vista del lettore, può essere un aspetto fondamentale, un aspetto che l’autore non può trascurare. Infatti, la percezione del romanzo storico e il suo gradimento passano molto attraverso il grado di immersione che lo stesso permette. E più l’autore riesce a scendere nei dettagli, più il lettore può calarsi nella storia. Ma è proprio in questo aspetto che è facile commettere errori, che possono inficiare la considerazione del lettore sull’intero romanzo. Facciamo un esempio macroscopico: trovare una scena in cui un personaggio sta mangiando delle patate in un romanzo ambientato nella Milano del Trecento fa perdere alla storia la sua credibilità. Pertanto, lo scrittore deve essere abile nel destreggiare la conoscenze acquisite, deve studiare a fondo il periodo e le sue peculiarità e non addentrarsi in dettagli che ignora.

Ma adesso, lascio la parola ad Andrea Zanetti.

Proviamo ad entrare nel dettaglio: da cosa è formata l’ambientazione?

L’ambientazione è la parte caratterizzante del romanzo storico. Ma non è solo un orologio a cui abbiamo portato indietro le lancette. Ci sono mille accortezze da usare per ricreare l’ambientazione. Oltre ad una classica “decostruzione” degli edifici, delle città, delle strade e dei ponti, cambiano i mezzi di trasporto, cambiano i tessuti con cui ci si vestiva, cambiano le abitudini, dal lavoro alla cucina. Oggi da Venezia a Padova ci si impiega circa mezz’ora, ma una volta si andava a piedi! E quando si andava per mare si dormiva sopra i ponti di voga, per mesi, e si mangiava biscotto di farina cotto in acqua di mare e aceto. Ve lo immaginate? Ecco che l’ambientazione risulta tanto più accurata e coinvolgente quanto il narratore tiene in considerazione anche le conseguenze pratiche di tempi diversi e difficili (che è forse quello che manca maggiormente nei libri di storia, e che invece il romanzo può raccontare meglio). Quindi oltre la parte prettamente “visiva” dell’ambientazione, aggiungerei tutte quelle sfumature pratiche che caratterizzano il vivere in un’altra epoca.

Quali sono le difficoltà che lo scrittore incontra in questa ricostruzione?

La cosa più complessa è proprio l’approvvigionamento delle fonti. Fonti di qualità ben s’intende. Più ci si allontana dall’attuale e più queste scarseggiano, cambiano gli usi e le consuetudini, cambiano le tradizioni e cambiano i pensieri. Queste notazioni più si va lontano nel tempo e meno vengono trascritte. La storia cambia a seconda di chi la racconta. Per fare un esempio, se oggi il mondo venisse raccontato solo ed esclusivamente dai miliardari, fra cinquecento anni i nostri discendenti avranno un’immagine molto diversa e parziale di quella che è la realtà nel quotidiano. E ancora, ci mancano esperienze dirette rispetto a quello che vogliamo raccontare: non siamo più abituati a certi sapori, a certi profumi e odori, non conosciamo le sensazioni della fame nera, del gelo nelle case, il rumore di una vecchia bottega per la produzione di spade e picche. Bisogna lavorare molto di immaginazione affidandosi, se possibile, a chi si dedica alla rievocazione storica.

Quali sono, a tuo avviso, gli elementi fondamentali per proiettare nel lettore un’immagine nitida dell’ambientazione, come la Venezia del Cinquecento della tua trilogia?

Come in ogni buon romanzo, bisogna cercare di narrare attraverso tutti e cinque i sensi. Visivamente i dettagli di abiti, utensili dell’epoca, gli arredi dei palazzi possono dare una buona “prima impressione”. Ma credo si debbano raccontare anche le sonorità di una città laboriosa piena di botteghe di artigiani, ma anche il silenzio assoluto dei boschi o dei pascoli, un ambiente molto diverso da oggi. Così come gli odori che potevano intasare vie e calli di rioni popolari estremamente affollati, senza le comodità e le strutture igieniche di oggi. I disagi fisici di allora, poi, come vestiti troppo pesanti per le temperature estive o indumenti troppo leggeri per i lunghi inverni… e ancora i morsi di pulci, zecche e gli insetti… fa tutto parte di un quotidiano molto diverso e che merita una sua parte.

Quali errori deve evitare un autore a livello di ambientazione?

Mi preme fare una premessa: chi non fa non sbaglia mai. Qualcosa scappa sempre, è difficile essere dei veri tuttologi. Bisogna però cercare di non ricreare dei personaggi in tutto e per tutto simili a oggi. Quando si ricostruisce l’ambientazione porsi sempre il maggior numero di domande possibili, senza mai dare mai nulla per scontato. Un consiglio è di non entrare troppo nel dettaglio, in caso di dubbio. Fate lavorare la mente dei lettori. (E se ve lo dico io che inizialmente sono stato quasi didascalico…

Vi aspettiamo mercoledì 15 dicembre per affrontare il tema dei personaggi storici.

le fondamenta del romanzo storico, rubrica

Le fondamenta del romanzo storico. Secondo appuntamento: la ricerca e lo studio delle fonti.

Il punto di partenza per la stesura di un romanzo storico è la ricerca delle informazioni necessarie alla ricostruzione delle vicende, del contesto e dell’ambientazione. A tal fine lo studio delle fonti è, quindi, imprescindibile. Questa fase, però, è anche la più lunga e complessa, perché orientarsi tra la miriade di fonti storiche e storiografiche può essere dispersivo e spiazzante. Prima di poter iniziare la stesura, infatti, l’autore deve ricavare moltissimi dati e nozioni sulle vicende che vuole affrontare e sui personaggi che la popoleranno e questo risultato richiede una ricerca di mesi o, in alcuni casi, anche anni. Prima di poter trascinare i lettori all’interno della sua storia, deve egli stesso fare un salto nel tempo e raccogliere quanto più materiale possibile, fino quasi ad arrivare a conoscere periodo, eventi e personaggi, come se li avesse vissuti in prima persona. In questa fase, quindi, dovrà ricostruire le fonti utili al suo scopo e successivamente studiarle, ricavandone tutti gli elementi necessari. Ma ciò non è sempre agevole. Infatti, per alcune vicende o periodi la storiografia è carente o, addirittura, assente e l’autore si ritrova così a poter consultare soltanto fonti primarie, dilatando il tempo necessario allo studio. Pertanto, la consultazione di archivi, biblioteche e musei è fondamentale per la ricerca delle fonti primarie, ossia gli scritti degli storici e dei cronachisti coevi dei protagonisti e degli eventi che si vuole narrare, che comprendono anche le lettere private, i documenti, le testimonianze. Queste fonti, pur essendo di più difficile consultazione (anche in relazione ai tempi necessari per ottenerne l’accesso), possono però risultare molto utili per riportare alla luce episodi e particolari che la storia ufficiale ignora e che invece sono preziosi per il romanziere, perché aprono squarci sulla vita privata dei personaggi storici. Le biblioteche, insieme alle librerie, poi, permettono di reperire le fonti storiografiche, ossia i libri scritti dagli storici sull’argomento oggetto delle vicende. Inoltre, a seconda di ciò che si vuole raccontare, musei, palazzi, chiese sono importanti anche per lo studio delle fonti iconografiche, come dipinti, affreschi, ritratti, che possono essere molto utili, ad esempio, nella ricostruzione dell’abbigliamento tipico di un’epoca e di un ceto sociale. Un altro strumento, a mio avviso, valido è rappresentato dai romanzi di autori di indiscussa competenza, che risultano preziose miniere di informazioni. Ne sono un esempio i romanzi di Maria Bellonci (tra i quali “Rinascimento privato” e “Lucrezia Borgia. La sua vita e i suoi tempi”), che sono basati su una ricca e minuziosa ricerca storica e che ebbero grande valore divulgativo. Insomma, esiste una selva di luoghi e fonti in cui cercare. Ora, però, lascio la parola ad Andrea Zanetti

Da dove si parte per una buona ricerca?

È questo il caso di dire che i libri nascono dai libri. È importante documentarsi attentamente, partendo dal macro e procedendo verso il micro. Ed è proprio sul dettaglio, quello che si ritrova nella vita quotidiana dei protagonisti, che serve molta cura. Dai manuali credo sia importante passare in un secondo tempo ai musei, alle fiere, ai gruppi di rievocazione storica via via che si approfondisce.

Quindi come si può organizzare la ricerca delle informazioni, “partendo dal macro e procedendo verso il micro”?

Si può partire da un manuale di storia che dia un’ottica generale di cosa stava succedendo nel periodo in cui è ambientato il romanzo. Poi si passa a testi conclamati (ad esempio, nel mio caso, “Storia di Venezia” di Frederic Lane) che forniscano una bella visione della realtà locale.
Poi ci si occupa dei personaggi, attraverso la consultazione di monografie. Una volta delineati i personaggi e costruito la trama si scende nei dettagli pratici.
Come ci si spostava da A a B? Cosa si mangiava? Tizio vuole uccidere Caio. Nel 1378 c’erano le spade? Gli archibugi? Le pistole? Queste informazioni si possono reperire, inizialmente online, per poi passare a saggi specifici. Tizio e Caio entrano in un palazzo. Esisteva già? Quando è stato costruito? Era già vecchio di duecento anni? Ci sarà stato odore di muffa allora! E così via.

Quali fonti si utilizzano?

Oltre ad un buon manuale di storia, servono sicuramente opere monografiche che ci raccontino nel dettaglio le vicende che formeranno il contorno alla nostra storia di fantasia. Che sia una biografia di un personaggio da rievocare o un testo sull’arte culinaria di un particolare contesto storico di riferimento, è il dettaglio che fa la differenza in questo genere.

Come si orienta lo scrittore tra la moltitudine di fonti?

Il web, a mio modo di vedere, è una grande fonte di approvvigionamento di informazioni, ma di cui bisogna essere attenti conoscitori e scafati navigatori. È facilissimo incappare in false informazioni passate da siti folcloristici senza alcun fondamento. È pertanto necessario scegliere bene. La carta stampata credo rappresenti ancora il punto di riferimento. Vuol dire che un editore, soprattutto se è serio e consolidato, ha vagliato l’opera e l’ha ritenuta valida. Nei bookshop dei musei, poi, si trovano un sacco di testi utili ai nostri scopi. Chi ha la possibilità di farlo, è consigliabile rivolgersi a docenti universitari la cui conoscenza è davvero preziosa e che sapranno di certo indirizzare verso testi qualitativamente significativi.

Esiste una gerarchia? Documenti d’archivio, saggi, manuali, testi universitari, romanzi… in quale ordine vanno consultati?

Sulla gerarchia credo si debba prima specificare cosa si cerca. Parlando molto in generale, sicuramente la ricerca d’archivio è al primo posto. È il documento con meno filtri in assoluto. Ma è anche il più scomodo e complesso da ottenere. I testi universitari a mio modo di vedere sono al secondo posto. Il fatto che si rivolgano spesso ai “peer” già di per sé dà una certa garanzia sull’attendibilità del testo. A seguire manuali, saggi e le monografie. Io non escluderei comunque i gruppi di rievocazione storica che per un romanziere sono una miniera d’oro. Quello che di “pratico” sanno loro è difficile trovarlo in testi diffusi. Altri romanzi storici direi proprio di no, il confine tra storia e romanzo a volte è troppo labile per farci conto.

Invece, cosa pensi dei dipinti come fonti di informazioni?

Mi sono affidato moltissimo ai dipinti. Nel rinascimento e ancora oltre vi è stata proprio un’esplosione di arte pittorica con soggetti non necessariamente religiosi. Le fonti visive bastano e avanzano per essere tradotte in parole.

Quali difficoltà si riscontrano nella selezione e nello studio delle fonti storiche?

Senza una guida o una conoscenza già strutturata è difficile scegliere con cura tra le molte fonti a disposizione. Cosa rende più autorevole un saggio piuttosto che un altro su un determinato argomento, se non si conoscono né gli autori, né gli editori? È questo il caso di affidarsi a chi è già un pezzo avanti nel nostro cammino di conoscenza, facendosi consigliare i testi migliori da cui partire.

Tu hai scritto una trilogia dedicata a Venezia, “Sulle ali del leone”, ambientata nel Cinquecento. Quanto tempo hai dovuto dedicare alla preparazione storica prima di iniziare la stesura del romanzo?

Molto e, probabilmente, mai abbastanza. La mia trilogia nasce da una tesi di laurea, pertanto molta ricerca l’avevo già compiuta nel mio percorso universitario, ciò nonostante, ho speso davvero notti interminabili per trovare i dettagli opportuni così da ricostruire un’intera civiltà che oggi non c’è più. E poi visitare di persona i luoghi che si intendono raccontare dev’essere un passaggio fondamentale per chi scrive. Solo così l’autore può trasmettere le sensazioni e le emozioni che egli per primo ha provato nell’essere “al centro della scena”, per così dire.

Vi aspettiamo mercoledì 8 dicembre per il terzo tema di questa rubrica: l’importanza dell’ambientazione nel romanzo storico. Nel frattempo, se avete perso il primo appuntamento, lo trovate a questo link: https://bit.ly/3d4za5Z