INTERVISTA

Due chiacchiere con gli autori: MARIA CRISTINA MASELLI

Quando leggiamo un romanzo storico, inevitabilmente, nasce in noi la voglia di approfondire la conoscenza dei loro protagonisti, persone realmente esistite che hanno vissuto in un passato così lontano dal nostro presente. A questo proposito, ho avuto il piacere di intervistare Maria Cristina Maselli, autrice di un romanzo che ho amato molto: “Sigismondo e Isotta”, edito da Piemme, che racconta la meravigliosa storia d’amore tra Isotta degli Atti e Sigismondo Pandolfo Malatesta, Signore di Rimini. Ecco come ha risposto alle mie curiosità:

  • Quale motivo l’ha spinta a raccontare la storia di Sigismondo Malatesta e Isotta degli Atti?

Ho scoperto dell’esistenza di Sigismondo e Isotta casualmente, durante una ricerca storica. Nonostante avessi frequentato la Romagna sin da bambina, nessuno mi aveva mai parlato di questi due personaggi immensi. Pensai che qualcuno avesse scritto di loro, così mi recai in libreria, per acquistare un libro che raccontasse la loro storia. Scoprii con sorpresa che non esisteva. Approfondii le mie conoscenze acquistando saggi e volumi universitari. Poi, un giorno, mi recai al Tempio Malatestiano di Rimini, il luogo in cui sono sepolti e che racconta la loro storia. Al cospetto di ogni cappella, provai emozioni così intense da indurmi a profonde riflessioni. Compresi che qualcosa nella mia vita sarebbe cambiato per sempre. Tornai a casa e mi misi a scrivere.

  • Nel romanzo, due figure femminili si contrappongono: Isotta degli Atti, l’amata del Signore di Rimini, e Polissena Sforza, la moglie. E traspare chiaramente il contrasto tra le due. Quali ripercussioni ebbe l’amore tra Isotta e Sigismondo sulla Signora di Rimini?

Polissena Sforza è una donna che ho imparato ad amare durante la stesura del romanzo. Inizialmente ne avevo offerto un ritratto sbiadito e stereotipato, poi un giorno ho iniziato a comprenderla e ad amarla nella sua imperfezione e nell’incapacità di accettare il suo destino. Polissena avrebbe potuto condurre una vita agiata, magari ripagando con la stessa moneta i tradimenti del marito, ma non ci riuscì. Non ci riuscì perché, nonostante il suo matrimonio col signore di Rimini fosse stato concordato per motivi politici, Polissena si era innamorata di Sigismondo, e avrebbe fatto qualunque cosa per farsi amare da lui. È un personaggio drammatico e forte che merita profondo rispetto.

  • Al centro di questa vicenda, troviamo il monumento funebre (e il famoso sigillo) che Sigismondo fece erigere con lo scopo di rendere pubblico il suo amore per Isotta. Quale impatto ebbe tale scelta nella vita dei protagonisti e nella società dell’epoca? 

Il sepolcro di Isotta è una delle più belle dichiarazioni d’amore della storia. Il monogramma con la S e la I intrecciate è l’eterno abbraccio di due innamorati. S e I rappresenta l’unione fra Sigismondo e Isotta, ma significa anche Sempre Insieme. È un simbolo d’amore a tutti gli effetti.Sigismondo Pandolfo Malatesta, decise di tradurre in arte i suoi sentimenti per Isotta, a dimostrazione che mai, per nessun motivo, l’avrebbe rinnegata. Il suo amore sarebbe rimasto scritto per sempre nella pietra. Quel messaggio era indirizzato a Isotta, alla gente e alle generazioni future. Intatto è giunto fino a noi per dirci che l’amore esiste. Sembra banale ma non lo è affatto, soprattutto perché a lanciare questo messaggio è un uomo austero, e di potere. Un politico, un condottiero coraggioso che non esitò a mettere in gioco la sua reputazione pur di dimostrare a Isotta quanto l’amasse. Non ebbe paura di apparire ridicolo agli occhi degli altri. Se pur sposato con la figlia del futuro duca di Milano, Sigismondo volle che il sepolcro di Isotta fosse decorato con tutti i simboli della dinastia malatestiana. Per lo stesso motivo inondò il Tempio delle loro iniziali intrecciate. Ancora oggi, chi entra nel Duomo di Rimini, consapevole della sua storia, non può non respirare il profumo intenso di questo grande amore.

  • Possiamo definire raro un amore come quello che ha unito i due protagonisti nella vita dei potenti Signori rinascimentali?

L’amore di Sigismondo e Isotta è esemplare perché Sigismondo Pandolfo Malatesta ebbe il coraggio di sfidare convenzioni sociali e pregiudizi, premiando i sentimenti a scapito della ragion di stato. Più che una rarità, un unicum per quei tempi, in cui i sentimenti erano considerati poco più che un inutile dettaglio.

  • Per quanto riguardo Sigismondo Pandolfo Malatesta, fu considerato uno dei più audaci condottieri del suo tempo, già dai suoi contemporanei. Ma cosa può dirci di più sul suo conto?

Sigismondo è un uomo caleidoscopico, da osservare sotto diverse prospettive. È stato un invincibile condottiero, un politico capace di portare la sua signoria allo splendore, un poeta, e un fine mecenate. Ricordiamo che riuscì a portare a Rimini tre assi del Rinascimento come Filippo Brunelleschi, Piero della Francesca e Leon Battista Alberti che, grazie a lui, realizzò nel Tempio Malatestiano, la prima facciata del Rinascimento italiano. Oltre a questo, posso dire con certezza che Sigismondo fu un uomo riconoscente verso i suoi antenati, tenero verso i figli che vide morire, assetato di sapere, innamorato della sua città e capace di forti passioni. 

  • Parlando, invece, di altri due personaggi agli antipodi, Abio e Dorotea, sono realmente esistiti o sono frutto di fantasia? 

Abio e Dorotea sono rispettivamente l’anima nera e l’anima bianca del romanzo. Due persone che hanno avuto un ruolo determinante nella vita di Sigismondo e Isotta. Per quanto riguarda la loro esistenza, preferisco mantenere un po’ di mistero. Un professore dell’università di Urbino mi ha detto che un romanzo storico è ben scritto quando non si discerne la realtà dalla fantasia! 

  • Isotta è rimasta al fianco del suo amato fino alla fine, anche quando una guerra con il papa Pio II lo ha condotto alla rovina. Qual è stato il segreto di un amore così forte e inusuale per l’epoca?

Oggi come allora, solo i grandi amori resistono alle intemperie della vita. 

  • Come le è stato possibile, attraverso le fonti, ricostruire questo amore così importante? 

La ricostruzione della vita pubblica e privata di Sigismondo e Isotta, è stata lunga e complessa, proprio per carenza di fonti. Ho letto molto di quanto è stato pubblicato, e ho visitato tutti i luoghi in cui il Malatesta ha vissuto e combattuto. Sono andata anche al Louvre a vedere il ritratto di Piero della Francesca.  Posso asserire che le fonti più importanti me le ha fornite proprio Sigismondo.“Il liber Isottaeus” che cito al termine dei capitoli, è un romanzo amoroso in trenta elegie che venne commissionato dal signore di Rimini a Basinio da Parma. Grazie ai suoi versi ho compreso dinamiche come la gelosia di Isotta, la disapprovazione della relazione da parte di suo padre, l’assoluta venerazione di Sigismondo nei confronti della purezza della fanciulla che gli aveva conquistato il cuore. E poi, il re delle fonti per me, è stato il Tempio Malatestiano di Rimini. Vi ho trascorso intere giornate. Ho compreso che ogni cosa che contiene ha un senso. Come ho scritto nel romanzo: “Il Tempio parla a chi lo sa ascoltare”.

  • Cosa può insegnare questa storia all’uomo del XXI secolo? 

Insegna che la vita va vissuta fino in fondo con dignità e passione. Sigismondo non è passato alla storia come un vincitore, anche se per me lo è stato eccome. Lo è stato perché non si è piegato ai poteri forti, perché non è sceso a compromessi, perché si nutriva d’arte e di bellezza, perché conosceva la riconoscenza, perché ha compreso il senso della vita e, soprattutto, perché è stato un uomo che ha saputo amare.

Il grande successo di questo romanzo ha generato in  molti lettori e lettrici il desiderio di visitare i luoghi di Sigismondo e Isotta e in tanti hanno scritto all’autrice chiedendo informazioni in merito. Per questo motivo è nato il team di #inviaggioconsigismondoeisotta, che presto avrà un sito dedicato e che si occupa proprio delle visite ai luoghi che sono stati testimoni del grande amore tra i protagonisti. Per il momento, per chiunque fosse interessato, può rivolgersi a Maria Cristina Maselli, sul suo profilo Instagram, la quale provvederà a inoltrare domande e richieste al team. 

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Romanzo storico

Calma e quieta è la notte

“Il motore di tutto, la voce dietro un muro, il corpo che sfugge, l’idea che perseguita. Letizia che era il senso della vita per Ruggero. E quel senso è fuggito”.

Nel 1566, a Szigetvar, in Ungheria, mentre per le strade imperversa l’assedio di Solimano il Magnifico, il giovane Ordelaffo racconta all’anziano Isaac la fiaba della storia d’amore tra Ruggero e Letizia, due ragazzi di Pavia, che hanno affrontato un lungo viaggio per il mondo.
Ruggero, infatti, il timido figlio di un mercante di stoffe, si innamora perdutamente di Letizia, la bella compagna di studi di sua sorella Ginestra. Una congiura ai danni dell’Imperatore getta Pavia nella sommossa e Letizia viene rapita. Così Ruggero, disperato, parte alla ricerca della sua amata.
Inizia in questo modo il viaggio del protagonista di “Calma e quieta è la notte”, di Vittorio de Martino, edito da La Lepre Edizioni. Un viaggio avvincente tra le più importanti città del mondo rinascimentale, nel quale il giovane Ruggero diventa uomo, conosce l’amore e la corruzione della carne, la malafede e la prigionia, la malattia e la disperazione.
Con l’entusiasmo e l’audacia della gioventù, affronta un’avventura titanica e affascinante, ricca di sapori lontani, tra una Venezia tentacolare e la pericolosa Istanbul del Sultano Solimano. Dall’entusiasmo di una felicità imminente, al coraggio di un viaggio in luoghi sconosciuti, per arrivare all’inquietudine per il futuro incerto, in una parabola che scende vorticosamente verso l’inferno. Una corsa dove nulla è come appare, dove gli amici si dimostrano nemici e viceversa, in cui Ruggero scopre l’importanza dell’amicizia di Fulgenzio, conosciuto lungo il cammino.
Attraverso una narrazione avvincente e suggestiva, l’autore accompagna il lettore in un lungo viaggio, nel quale egli resta rapito, come il vecchio Isaac, dalla favola raccontata da Ordelaffo, perdendosi tra le disavventure dei protagonisti, fatte di amore, speranze, illusioni, sconfitte e progetti.
Un finale degno della migliore favola mai raccontata conclude una storia ricca di emozioni e colpi di scena, che stravolge il lettore in un turbine di fantasia e realtà.
“Calma e quieta è la notte” è un racconto che sia apprezza fino all’ultima parola scritta, perché finché non si giunge all’ultima pagina non è possibile immaginarne l’epilogo.  L’autore è, infatti, abile nel mantenere viva l’attenzione del lettore, attraverso vorticanti stravolgimenti che si susseguono fino alla fine, in un vertiginoso caleidoscopio di fatti.
Un romanzo particolare e affascinante, di una bellezza rara e preziosa, che si scopre poco per volta, a mano a mano che ci si addentra nella lettura, in grado di ipnotizzare il lettore come un segreto incantesimo.  
Un libro che, una volta terminato, induce il lettore a domandarsi se mai troverà un altro romanzo così speciale.

Romanzo storico

Paolo e Francesca

“Nella stanza di Paolo il mondo non esisteva: c’erano solo Paolo e Francesca, un uomo e una donna, due cuori che battevano con lo stesso ritmo e la stessa identica intensità.”

Quella raccontata da Manuela Raffa in “Francesca”, edito da Piemme, è una storia ricca d’amore, passione e tragedia.
La vita di una donna, Francesca da Polenta, colei che Dante, nel V canto dell’Inferno, ha relegato nel girone dei lussuriosi, insieme al suo grande amore Paolo Malatesta.
Nella Ravenna del 1275, Francesca, figlia di Guido da Polenta, è una fanciulla bella, intelligente, arguta e colta; una donna con la mente di un uomo, tanto da vantare un legame speciale con il padre, fatto assai raro all’epoca.
Gli intrighi politici, conducono Guido a darla in sposa a Giovanni Malatesta, figlio del Signore di Rimini, in cambio dell’appoggio militare nell’eterna guerra tra guelfi e ghibellini.
Nonostante l’amarezza e la tristezza per quell’unione di convenienza, Francesca accetta di buon grado e sposa per procura Giovanni, uomo rude e dall’aspetto poco gradevole.
Il giorno della stipulazione del contratto, però, incontra l’uomo mandato dal futuro marito per adempiere al dovere e nel suo cuore nasce l’amore: davanti a lei c’è Paolo Malatesta, fratello di Giovanni. 
Paolo, bello, coraggioso, affascinante e cavaliere, il ritratto perfetto dei protagonisti dei libri che Francesca tanto ama.
Nel momento in cui i loro occhi si incontrano per la prima volta, qualcosa in loro cambia per sempre; la fiammella di quello che diventerà un fuoco insaziabile si accende e cambia le loro vite.
Nasce, così, un amore clandestino, peccaminoso che Paolo e Francesca combatteranno con ogni briciolo di forza, nella consapevolezza dell’impossibilità di un sentimento tra loro.
Mille motivi inducono i due innamorati a respingere ciò che provano, primo fra tutti l’accecante gelosia di Giovanni.
Ma fino a quando si può resistere all’amore?
Manuela Raffa ci regala un romanzo delicato e forte, denso di emozioni che riescono a giungere intatte e inalterate, una ad una, al cuore del lettore. Si può, così,  percepire la gelosia e la collera di Giovanni, la nascita dell’amore tra Paolo e Francesca, i dubbi e le titubanze di entrambi. Un amore bramato, respinto, desiderato e negato.
L’autrice riesce ad aprire il cuore di una donna forte e fragile allo stesso tempo, permettendo al lettore di leggervi all’interno ogni sfumatura di sentimento.
Inoltre, attraverso la vicenda di Francesca, l’autrice ci dona uno spaccato sulla condizione delle donna nel Medioevo. Pur trattandosi di una famiglia ricca, anzi forse proprio per tale motivo, il destino della protagonista è, irrimediabilmente, segnato dalla condizione di essere femminile: una vita rinchiusa in una casa, sottoposta al volere di padre prima e marito poi, con l’unica alternativa del convento. Nessuna libertà, nessun diritto oltre al dovere di moglie e madre; la posizione agiata, infatti, non garantiva null’altro se non la possibilità di essere signora di un castello, una prigione dorata. Non donava alcuna libertà alle donne, utili solo a stringere alleanze e dare figli; trattate come oggetti da possedere e comandare, che inducevano al peccato  e covavano il male del mondo.
Francesca da Polenta diventa così eroina nella sua quotidianità, straordinaria nella sua normalità; libera, ma consapevole della sua posizione di donna, sottomessa ma fiera.
Tra le righe, infatti, si percepisce con forza lo strazio dell’animo femminile, costretto a sottomettersi e ad accettare di buon grado, struggersi per i tormenti e i peccati che comporta invece l’amore vero; amore che non era concesso.
Dall’altro lato della storia, all’inizio di ogni capitolo, ritroviamo  Giovanni, che dopo l’omicidio dei due amanti, ripercorre la propria vita con Francesca, analizzando i propri sentimenti e i propri errori, struggendosi per l’amore strappatogli. Egli, infatti, l’aveva amata, desiderata, bramata, come un fuoco ardente aveva bruciato per lei; e aveva amato il fratello minore come il più caro degli amici, nonostante le rivalità. Il lettore, quindi, non può non provare un moto di comprensione verso questo personaggio, tradito e umiliato da coloro che amava con tutto il cuore.
“Francesca” è  una storia d’amore straziante, raccontata dolcemente, senza tralasciare alcun aspetto.
Una vicenda tragica, ma ricca di vita, di una giovane donna che ha soltanto avuto l’ardire di seguire il proprio cuore, di una donna che ha avuto il coraggio di ascoltare e assecondare i propri sentimenti.
Perché l’amore è stato più forte della paura, più potente della morte.
Il racconto intenso ed emozionante di un amore viscerale, impetuoso e inarrestabile che, nella morte, ha trovato la fama eterna.