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Un diavolo dagli occhi verdi

Immaginate di trovarvi a New York, lontano da casa, e di essere alla disperata ricerca del lavoro dei vostri sogni, con due lauree in tasca, ma senza l’ombra di un soldo.
Cosa fareste per sopravvivere?
Tara Lauren, la protagonista di “Come innamorarsi del capo” di Whitney G., edito da Newton Compton Editori, si trova proprio in questa situazione ed inventa un modo originale per placare i morsi della fame: rubare la colazione gratuita negli hotel di lusso della città.
Sembra essere la soluzione ideale; d’altronde chi potrebbe accorgersi che, tra i tanti clienti paganti, ogni mattina si introfula una ragazza squattrinata?
Purtroppo per Tara, viene scoperta e, nel goffo tentativo di fuggire dal personale dell’hotel, si scontra con un uomo bellissimo, che si rivela essere il proprietario dell’albergo, l’affascinante e terribile Preston Parker.
Sorprendentemente, Preston non denuncia Tara, anzi le offre un lavoro come sua segretaria personale, con uno stipendio da capogiro. A Tara non sembra vero ed accetta senza indugio.
Si accorgerà presto che lavorare con il Sig. Parker può essere infernale.
Nasce così un rapporto di amore-odio tra un capo bellissimo ma insopportabile ed una segretaria irriverente e sfacciata.
Una storia semplice ma divertente, con una protagonista femminile spassosa, vagamente somigliante alla Andy de “Il diavolo veste Prada”.
Nonostante la prima metà del romanzo appaia ripetitiva e prevedibile, un evento imprevisto riesce ad attirare l’attenzione del lettore e a dare nuova linfa alla storia.
Un romance lineare, senza troppe pretese, che risulta comunque gradevole.

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Alaska

Evelyn Talbot è una stimata psichiatra che ha creato una notevole struttura in una gelida e sperduta cittadina dell’Alaska: Hanover house, una clinica detentiva nella quale sono ospitati molti tra i serial killer più spietati d’America. Il suo lavoro ha uno scopo: approfondire gli studi sulla mente degli psicopatici, al fine di evitare che altri individui diventino prede e vittime; per evitare che altre persone subiscano ciò che ha passato lei.
Vittima di uno spietato assassino che ha tentato di toglierle la vita dopo averla seviziata, Evelyn non riesce a fidarsi delle persone, e men che meno degli uomini. Ed è per questo motivo che l’attrazione che prova nei confronti del poliziotto Amarok la sconvolge.
Mentre la dottoressa cerca di dare un indirizzo alla propria vita, la città viene scombussolata dall’omicidio di due donne. Due dipendenti di Hanover house.
Nella corsa al colpevole, tutte le piste sono plausibili, compreso il ritorno dell’uomo che, vent’anni prima, aveva tentato di uccidere Evelyn.
Cosa sta succedendo nella piccola cittadina di Hilltop? Evelyn riuscirà ad accantonare il suo passato, mantenendo la lucidità mentale per evitare la rovina di Hanover house?
Questa è la trama di “Alaska” , il primo thriller di Brenda Novak. Nonostante la narrazione scorrevole e limpida, è un romanzo a tratti lento e dalla trama semplice e poco originale, financo prevedibile, in cui, alla caccia all’assassino, si affianca il viaggio della protagonista nella riconquista della propria vita.
Corredato dei migliori elementi per un thriller di successo, la storia non riesce però ad esplodere in quella escalation di adrenalina che il lettore si aspetta da un romanzo di questo tipo.
Privo di quel brivido che deve contraddistinguere ogni thriller che si rispetti, “Alaska” è un libro che promette molto, ma che poco riesce a dare in termini di emozioni e suspance.

INTERVISTA

Due chiacchiere con gli autori: MARCELLO SIMONI

Quando si ama la storia con tutto in cuore, poter intervistare un grande scrittore di thriller storici come MARCELLO SIMONI, diventa un’occasione imperdibile!
Un grande autore italiano, il cui romanzo d’esordio, “Il mercante di libri maledetti“, è stato per oltre un anno in testa alle classifiche e ha vinto il 60° Premio Bancarella e i cui diritti di traduzione sono stati acquistati in diciotto Paesi.
Ha all’attivo cinque saghe, tra le quali la Trilogia del Mercante di Libri, la Secretum Saga (“L’eredità dell’abate nero”, “Il patto dell’abate nero” e “L’enigma dell’abate nero) e la Codice Millenarius Saga (che comprende “L’abbazia dei cento peccati”, “L’abbazia dei cento delitti” e “L’abbazia dei cento inganni”).
Nel 2019 ha pubblicato “La prigione della monaca senza volto” per Giulio Einaudi Editore e “L’enigma dell’abate nero” per Newton Compton Editori (di cui trovate la mia recensione https://ilsegnalibrodideborah.home.blog/2019/06/24/lenigma-dellabate-nero ).
Inoltre, nel 2018 ha vinto il Premio Ilcorsaronero.

Ecco come ha risposto alle mie curiosità.

Quali sono le difficoltà che si incontrano nella stesura di un romanzo d’avventura?

Io non ragiono mai in termini di difficoltà, ma di divertimento, perciò non saprei risponderti. Posso solo dirti che in ogni pagina mi impegno a conferire verosimiglianza e autenticità ai miei personaggi e alle mie storie, restando sempre fedele al mio stile di scrittura.

Quanto studio delle fonti storiche è necessario per la corretta ricostruzione dell’ambientazione?

Molto studio e molta comprensione, che non sempre combaciano. Sapere le cose è solo il punto di partenza. Bisogna immedesimarsi in esse per poterne parlare con scioltezza. Soltanto quando sono padrone della materia di cui intendo trattare, inizio a scrivere il mio romanzo.

Come si costruisce un linguaggio adatto all’epoca di cui narri nei tuoi romanzi?

Sforzandoci di trasmettere in ogni riga il senso della storia, la suggestione di essere circondati da un’epoca remota eppure pulsante e vicinissima. È un po’ come se stessimo costruendo un enorme gioco di prestigio basato sulla ricerca storica.

Quali sono, a tuo avviso, gli ingredienti che non devono mancare in un romanzo d’avventura di successo?

Se anche li conoscessi, li custodirei molto gelosamente 😉

Tu sei un archeologo. Quale periodo della storia ti affascina maggiormente?

Il Medioevo, ovviamente.

Qual è l’aspetto del tuo lavoro che preferisci?

Ho sempre reputato che quello dello scrittore fosse un mestiere da persone libere. Ed è questo, oltre al fatto di dover mettere costantemente in gioco la mia creatività, l’aspetto che più mi affascina.

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La perfetta favola moderna

“La gente aveva bisogno di sognare” dice Felicia Kingsley nel suo romanzo “Una Cenerentola a Manhattan“, e lei l’ha accontentata.
E se uno degli scopi dei libri è regalare sogni e speranze, senza dubbio, questo romance è un sogno ad occhi aperti; la perfetta favola moderna che fa battere il cuore di ogni lettrice.
In una frenetica Manhattan, Riley e Jesse sono i protagonisti di questa trasposizione in chiave contemporanea della favola di Cenerentola, condita con qualche elemento che ricorda “Il diavolo veste Prada”. Una ragazza vessata da una matrigna cattiva, un affascinante ragazzo, un paio di scarpe da trecento mila dollari…. tutti gli ingredienti della favola classica, e molto, molto di più in questo romanzo che prende le mosse dalla figura e dalla vicenda della Cenerentola della fiaba per creare una storia credibile e originale.
L’armonia degli elementi produce una trama ben congeniata, capace di fare capitolare anche il cuore più indurito e la lettrice più scettica.
Una delle doti di Felicia Kingsley è infatti l’abilità di miscelare con sapienza tutti gli ingredienti di un romance di successo. Ironia, romanticismo e pepe sono ben amalgamati con un equilibrio di sensazioni ed emozioni, che rendono la lettura fresca e leggera.

INTERVISTA

Due chiacchiere con gli autori: RITA CORUZZI

Oggi vi propongo l’intervista alla scrittrice reggiana Rita Coruzzi, autrice, tra gli altri, dei romanzi storici “Matilde“, vincitore del Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti, del Premio Internazionale Stefano Zangheri e del Premio Internazionale Città di Cattolica, e “L’eretica di Dio“, pubblicati da Piemme.

Nella tua carriera da scrittrice, hai dedicato due romanzi a due donne eccezionali della storia: Matilde di Canossa e Giovanna D’Arco. Cosa ti ha spinto a scegliere proprio questi due personaggi?

La scelta di Matilde è stata dettata da un suggerimento di mia madre, la quale mi spronò a iniziare la carriera di romanziera storica focalizzandomi sui personaggi femminili. E poichè nella nostra città di Reggio Emilia, tutti i reggiani sono legatissimi a Matilde, mi suggerì di cominciare con lei, una donna forte e di grande fede che scese sui campi di battaglia per difendere la Chiesa e combattere per ciò in cui credeva e per il bene dei canossani. Giovanna d’Arco è stato il passo logico successivo, la casa editrice mi chiese un altro romanzo storico sempre con una protagonista femminile. La scelta era difficile dopo aver scritto di una donna come Matilde, ma il pensiero di Giovanna d’Arco è stato come un’illuminazione, ho capito che era lei la seconda donna su cui dovevo posare la mia attenzione, aveva le stesse caratteristiche di Matilde, la stessa forza, la stessa fede e lo stesso spirito di sacrificio. E’ stato un felice passaggio di testimone, due romanzi di cui vado profondamente fiera, soprattutto perchè rivalutano la figura della donna in un’epoca in cui era costantemente messa in ombra.

Nel tuo romanzo “Matilde”, tratti, con straordinario vivacità, la storia di Matilde di Canossa. Quanto spazio è dedicato ad eventi storici realmente accaduti e quanto invece è frutto dell’immaginazione?

Tutti gli eventi storici narrati in Matilde sono realmente accaduti, l’immaginazione è stata focalizzata solo sui pensieri, sui sentimenti con cui Matilde viveva determinate situazioni, ma i fatti storici descritti sono tutti realmente accaduti, e sono rigorosamente esatti. Tengo molto alla documentazione storica, l’immaginazione si dipana nei sentimenti, nei discorsi, nei pensieri, come la passione con cui Matilde combatteva per la Chiesa, la sua sofferenza di avere infranto la promessa all’imperatore, il suo spirito di sacrificio nel rinunciare a ciò che desiderava, cioè diventare monaca, per il bene di Canossa e della Chiesa. Inoltre il suo grande ruolo nell’essere una donna leader osteggiata da molti uomini, il suo coraggio nel voler proseguire su questa strada nonostante gli ostacoli per senso di dovere e responsabilità, pur avendo dei momenti di scoramento, senza però mai arrendersi per ciò che credeva il bene supremo.

Le descrizioni delle scene e dell’ambientazione sono molto accurate e dettagliate, tanto da dare al lettore l’impressione di trovarsi all’interno della scena stessa. Quanto studio della storia è necessario per scrivere un romanzo storico?

Per scrivere un romanzo storico occorre un lungo studio preliminare dell’epoca nella quale si sviluppa la vicenda. Personalmente io credo che occorra la massima precisione possibile, perchè il lettore possa immergersi nel periodo storico e vivere in esso insieme ai protagonisti della narrazione. Per Matilde ho studiato molti testi, e non solo quelli relativi alla figura e alla vita della contessa, ma anche studi sulle armi, sul modo di combattere e di fare le guerre, e perfino sui cibi e sugli abiti, affinchè il romanzo risultasse il più aderente possibile alla verità storica. Molta attenzione deve essere data agli avvenimenti, per i quali ho consultato testi di studiosi affermati, perchè ho voluto essere fedele il più possibile alla verità storica. Matilde di Canossa è una donna realmente esistita, quindi il mio romanzo non poteva essere di invenzione o di finzione, ma dovevo “costruire” il personaggio attraverso gli avvenimenti veri che lei ha dovuto vivere nella sua vita reale. Per rispondere con precisione alla domanda, ho dato molto spazio alla verità storica, ma forse altrettanto all’indagine psicologica e alla narrazione dei sentimenti.

Quali sono le fonti storiche sulle quali ti basi per la stesura di un romanzo?

Scelgo con cura le fonti oggetto del mio studio preliminare, mi avvalgo sempre degli scritti di studiosi specialisti della materia o dell’argomento, tralascio le informazioni generiche e poco credibili o non sufficientemente accurate per evitare errori o storture che potrebbero influire negativamente sulla qualità del mio scritto. Per Matilde ci sono biografie molto rigorose e studi approfonditi di storici che hanno dedicato la loro attività allo studio della contessa, come Vito Fumagalli, Paolo Golinelli, il monaco Donizone suo contemporaneo, Edgarda Ferri, e altri.

In che modo hai potuto ricostruire il personaggio di Matilde di Canossa?

Come ho detto sopra, studiando le azioni, i comportamenti, le decisioni di Matilde, come sono riportati nei testi storici, mi sono formata un’idea della sua personalità e l’ho sviluppata partendo dal punto di vista femminile, perchè Matilde prima di tutto era una donna e come tale andava considerata. Ed era donna del Medioevo, ma vissuta in circostanze eccezionali per l’epoca, quindi non era una donna convenzionale, ma straordinaria. Tutto in lei doveva mostrare la sua femminilità spesso sacrificata per il dovere ma senza mai rinnegarla, la sua fierezza di essere donna, la sua determinazione nel prendere decisioni difficilissime, il suo coraggio nell’affrontare il nemico combattendolo sui campi di battaglia. Non è stato facile, ma sicuramente emozionante e molto bello descrivere un personaggio tanto interessante e dalle molte sfaccettature, è stata per me una sfida che ho colto volentieri e spero di aver superato.

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La crociera dell’amore

Emily e Matt sono i protagonisti della commedia romantica “Tutta colpa di quel bacio” di Cassandra Rocca, edito da Newton Compton Editori.
Lei, organizzatrice di eventi londinese in trasferta a New York, in fuga dall’ultima, cocente delusione d’amore.
Lui, un affascinante e maledettamente sexy armatore. Entrambi disillusi nei confronti delle relazioni amorose, si incontrano in occasione dell’inaugurazione della nuova nave da crociera di Matt, il quale si rivolge proprio all’agenzia di Emily per la pianificazione del grandioso evento. La protagonista, subissata di richieste da parte di altri clienti per l’ideazione di memorabili eventi per San Valentino, decide di unire le due cose, organizzando una smielata crociera per innamorati a bordo della nave di Matt.
Ma su quella nave dell’amore saliranno anche i due protagonisti, entrambi sicuri di non avere nessuna intenzione di lasciarsi colpire dalla freccia di Cupido. Insieme ad alcuni personaggi scomodi e ad altri divertenti e saggi, Matt ed Emily partiranno alla volta dei Caraibi da buoni amici. Riusciranno a resistere alla tentazione dell’amore?
“Tutta colpa di quel bacio” è una storia capace di infiammare i cuori di ogni lettrice, perché, in fondo, quale ragazza non vorrebbe trovarsi a bordo di una lussuosa nave insieme ad un adone come Matt?!
Ed è per questo motivo che è impossibile non calarsi completamente nei panni della giovane Emily e provare tutte le altalenanti emozioni che innondano il suo cuore.
Una lettura dolce, divertente e piccante al punto giusto, capace di catturare l’attenzione di ogni lettrice e di trattenerla fino all’ultima parola.

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Due chiacchiere con gli autori: SEJAL BADANI

Cari lettori, qualche tempo fa ho pubblicato la recensione del romanzo “La cacciatrice di storie perdute” della scrittrice statunitense Sejal Badani, edito da Newton Compton Editori.

Successivamente, ho avuto occasione di intervistare l’autrice di questo coinvolgente romanzo ambientato in India.

Ecco come Sejal Badani ha risposto alle mie domande.

Perché hai deciso di lasciare la carriera da avvocato per dedicarti completamente alle scrittura?

Scrivere è quello che ho sempre amato fare, quindi dopo aver avuto il mio primo figlio, ho deciso di prendermi un po’ di tempo libero e provare ad iniziare una carriera come scrittrice. Anche se ci sono voluti molti anni per trovare il successo, non mi sono mai voltata indietro.

“La cacciatrice di storie perdute” racconta dell’amore impossibile tra due persone appartenenti a culture diverse e tratta, inoltre, della condizione della donne.
Perché hai deciso di parlare della cultura indiana e dei suoi problemi?

La mia famiglia è indiana e, come molti altri, sono affascinata dalle sfumature di una cultura così ricca e di una società eterogenea con una tradizione spirituale profondamente radicata. Una volta deciso di raccontare la storia di mia nonna, i personaggi e le loro lotte sono arrivati in modo naturale. Per me, le battaglie di Amisha e Ravi sono simboliche di chiunque stia cercando il proprio posto in questo mondo.

Quanto di Sejal c’è nei personaggi di Yaja e Amisha? La loro vicenda è legata a alla tua storia personale?

Il personaggio di Amisha è ispirato alla storia di mia nonna materna in India; una donna incredibile che era in anticipo sui tempi. Quando mia madre aveva due anni, mia nonna fu morsa da una zanzara e morì a causa della malattia. La sua morte ha distrutto la famiglia. Il personaggio di Jaya è ispirato a mia sorella che ha avuto più aborti spontanei. È stato straziante vedere qualcuno che amo attraversare il dolore e l’angoscia degli aborti senza una risposta al perché.
Come scrittrice, sono straordinariamente grata di fare di ciò che amo la mia vocazione. La storia mi ha ricordato come le battaglie delle donne venute prima di noi abbiano aperto la strada per le generazioni future.

Quanto è importante la cultura indiana per te e quali aspetti di essa vuoi mettere in luce?

Come scrittrice, ho lasciato che la storia venisse da me e da lì ho messo a punto l’ambientazione, il periodo, i personaggi, ecc. Ho sempre saputo di voler raccontare la storia di mia nonna, ma ho aspettato si avere in mente la storia completa prima di iniziare a scrivere.
Sebbene non torni in India da molti anni, ho davvero amato la ricerca e la conoscenza del periodo di tempo di Raj e di tutti gli aspetti dell’occupazione. Sebbene “La cacciatrice di storie perdute” sia ambientato in India, il mio prossimo romanzo sarà ambientato a Seattle e Washington, senza personaggi indiani.
Ho imparato che è importante ascoltare la storia che chiede di essere raccontata e i personaggi che prendono vita al suo interno.

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Matilde, per grazia di Dio, se è qualcosa

Nel cuore del basso medioevo, a Mantova, nasce una graziosa bambina dai capelli color del rame.
A quella fanciullina viene dato un nome emblematico: Matilde. A lei è riservato in destino impavido.
La sua vita è raccontata nel romanzo di Rita Coruzzi, “Matilde“.
La più piccola di tre figli, fin da bambina, si ritrova sovrastata da una responsabilità enorme. Alla morte del padre prima, e del fratello maggiore poi, infatti, vede la sua vita sacrificata in nome di Dio, nel tentativo di accrescere il potere della Chiesa, minacciato dall’imperatore del Sacro Romano Impero.
Una donna battagliera e valorosa, che fin dalla più tenera età, ha imparato il senso del dovere e ha saputo mostrare una forza ed una tenacia senza eguali.
Cresciuta nell’esempio della  coraggiosa madre Beatrice, diventa una donna straordinaria, dal temperamento e dalla forza impareggiabili.
Una vita segnata dal dovere, nella quale le è stata preclusa qualsiasi forma di gioia, e soprattutto la possibilità di seguire la propria vocazione; ella ha saputo accettare il proprio destino con infinita dignità.
Un’esistenza travagliata, costellata di perdite inestimabili,  che Matilde ha saputo affrontare con un coraggio ed una forza straordinaria; nulla, però, ha potuto scalfire la sua determinazione e la sua incrollabile fede.
Impavida comandante del suo esercito e, al contempo, diplomatica ed abile mediatrice tra Papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV, Matilde è, inoltre, una governante buona, umana, corretta e coerente con le proprie idee, amata senza condizioni dai proprio popolo.
“Matilde” è un romanzo denso di storia, potente, dal quale traspare la tenacia e la forza straordinaria di una donna sorprendente.
Un affascinante viaggio nel tempo tra le pagine della vita di uno dei personaggi femminili più emblematici della storia.